Investimento del pedone: come ottenere il risarcimento danni

Investimento del pedone: come ottenere il risarcimento danni

Quasi 1.000.000 di Euro è la somma corrisposta, a titolo di risarcimento del danno per investimento del pedone sulle strisce, alla famiglia di un’anziana signora che rincasava alla sera dopo aver giocato a carte con gli amici.

Quello del pedone investito da un’auto mentre attraversa sulle strisce pedonali può apparire un caso “semplice”, per il quale non ci si dovrebbe soffermare troppo a lungo sull’accertamento delle responsabilità.

Invece, non sempre è così….

Nel caso che andiamo ad analizzare, vediamo come noi di Giesse Risarcimento Danni, nonostante l’archiviazione disposta nel penale, siamo riusciti, con l’ausilio dei nostri legali fiduciari, a convincere il giudice civile della bontà delle nostre tesi e a fare in modo che la famiglia ottenesse il risarcimento del danno per la dolorosa perdita di una delle sue colonne portanti.


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L’ investimento del pedone: i fatti

Il gravissimo incidente stradale con esito mortale è avvenuto qualche anno fa nel centro abitato di un piccolo paese del Friuli-Venezia Giulia.

Il giorno dell’incidente, la signora Maria (usiamo un nome di fantasia), incontrò l’amica del cuore e con la stessa si diresse al bar del paese per giocare a carte.

A causa delle rigide temperature e della pioggia incessante, Maria decise di rincasare prima. Nell’atto di attraversare la strada, venne travolta da un’utilitaria condotta da un uomo del posto.

A causa del violentissimo impatto, il pedone investito fu sbalzato a 15 metri di distanza e le lesioni riportate furono così gravi che, il giorno seguente, la signora Maria morì.

Nella relazione medico legale furono evidenziati “politrauma, fratture multiple arti inferiori, trauma cranico, addensamenti polmonari, insufficienza epatica, scompenso cardiaco”.

L’ investimento del pedone: il processo penale

Nel penale, sorprendentemente, le cose non andarono come ci si sarebbe aspettato!

Il Pubblico Ministero, infatti, fece propria la prima, errata ricostruzione della dinamica del sinistro fornita dai Carabinieri che rilevarono l’incidente.

Questi ritennero che il pedone investito, con fare improvviso, attraversò la carreggiata fuori dalle strisce, da destra a sinistra rispetto al senso di marcia del veicolo.

Secondo quanto ipotizzato dai Carabinieri, l’urto si verificò a 15 metri dalle strisce pedonali e, a causa della pioggia battente, della scarsa illuminazione della strada e dell’abbigliamento scuro indossato dalla vittima, il pedone investito non potè essere avvistato né quindi evitato.

Ovviamente, siffatta ricostruzione dell’incidente si rivelò in seguito, come vedremo, del tutto sbagliata, sia per quanto riguarda la modalità di attraversamento del pedone investito, sia per l’ubicazione del punto d’urto.

Per il tramite dei nostri legali fiduciari, ci opponemmo fermamente e prontamente alla richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero nei confronti del conducente dell’autovettura che investì e uccise la signora Maria che, sebbene ultraottantenne, era ancora una donna autonoma e brillante, di grande carisma e amatissima dai figli e dai numerosi nipoti.

Presentammo, grazie ai nostri consulenti, puntuali osservazioni volte a dimostrare che il pedone investito stesse attraversando, contrariamente a quanto sostenuto nei primi rilievi, da sinistra a destra rispetto alla direzione dell’auto.

Tale circostanza era avvalorata, infatti, sia dalla destinazione che la signora Maria stava raggiungendo (casa della sorella), sia dalla tipologia delle lesioni riportate, in massima parte localizzate sul lato destro del suo corpo, sia per i danni riportati dal mezzo investitore.

Inoltre, quello che gli agenti accertatori indicarono come “punto d’urto” altro non era che il punto ove il corpo della povera Maria venne scaricato a terra, dopo essere stato caricato sul cofano della vettura.

Purtroppo, nonostante questi plurimi e concreti elementi, il Giudice per le indagini preliminari dichiarò inammissibile l’opposizione e ribadì l’archiviazione del procedimento penale nei confronti dell’investitore.

L’ investimento del pedone: il processo civile

Iniziammo, quindi, l’iter civilistico.

In fase stragiudiziale, la compagnia di assicurazione per la RCA del conducente dell’autovettura offrì delle cifre poco più che simboliche (Euro 90.000 a favore di ciascun figlio, Euro 30.000 a favore di ciascuna sorella ed Euro 5.000 a favore di ciascun nipote), del tutto inadeguate per risarcire il dolore di questa tragica perdita e respinse, inoltre, qualunque richiesta di integrazione del risarcimento.

A questo punto, l’unica via percorribile per dimostrare le ragioni della famiglia del pedone investito e risolvere questa paradossale situazione, era intentare una causa civile: presentammo quindi, con i nostri avvocati civilisti, una domanda di risarcimento per investimento sulle strisce.

Nell’atto di citazione sostenemmo come la signora Maria avesse quasi completato l’attraversamento della via in quanto, attraversando da sinistra verso destra rispetto alla direzione dell’autovettura, era quasi giunta al marciapiede.

Come confermato anche dai danni visibili sul lato destro del cofano dell’auto sul quale il corpo della malcapitata venne caricato per venire, immediatamente dopo, proiettato a terra, a oltre 15 metri di distanza dalle strisce pedonali che aveva correttamente utilizzato.

In giudizio, sia l’investitore sia la compagnia di assicurazione sostennero invece, basandosi sulle incongruenti risultanze delle indagini penali, che il pedone investito avesse attraversato fuori dalle strisce ed affermarono, da parte loro, l’esclusiva responsabilità dello stesso nella causazione del sinistro, o almeno la sua responsabilità prevalente.

Stante questa diversità di vedute, il Tribunale Civile nominò un Consulente Tecnico d’Ufficio per ricostruire l’esatta dinamica del sinistro e le conclusioni a cui pervenne furono sottoscritte (non avrebbe potuto essere altrimenti!!) anche dai due consulenti di parte.

Il pedone investito si trovava sulle strisce pedonali al momento dell’impatto, intento ad attraversarle camminando da sinistra verso destra rispetto alla direzione di marcia dell’auto, in considerazione sia della destinazione che stava raggiungendo, sia dei danni riportati dal veicolo e sia della localizzazione delle lesioni riportate.

Secondo il Giudice civile, ai sensi dell’art. 2054, comma 1, c.c., il conducente dell’autovettura ebbe l’esclusiva responsabilità per quanto accadde quel giorno, perché non fu in grado di fornire la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Nella sentenza civile pronunciata dal Tribunale di Verona, finalmente, il giudice accolse integralmente le nostre domande promosse nell’interesse della famiglia della compianta signora Maria, condannando l’impresa di assicurazione al risarcimento di tutti i danni per investimento sulle strisce, per una somma complessiva di poco inferiore ad 1.000.000 di Euro.


Leggi anche https://www.giesse.info/it/codice-della-strada-5-cose-da-sapere-sullattraversamento-pedonale/

L’ investimento del pedone: il lieto fine

Tale sentenza civile è davvero soddisfacente perché rende giustizia ai familiari, riconoscendo loro il giusto risarcimento dei danni per investimento sulle strisce.

Per quanto riguarda l’ammontare del risarcimento, va tenuto presente che la vittima era piuttosto anziana e che la liquidazione dei danni ha tenuto conto, fra gli altri, anche di questo aspetto.

Nello specifico, furono riconosciuti Euro 175.000 a ciascun figlio, fatta eccezione per il figlio convivente con il pedone investito a cui il Tribunale liquidò, invece, Euro 180.000.

Ai fratelli furono liquidati Euro 30.000 ciascuno e a ogni nipote, data l’intensità del legame affettivo con la nonna e la sua improvvisa e drammatica scomparsa, Euro 10.000, eccezion fatta per i nipoti conviventi, a cui fu riconosciuta una somma leggermente superiore, Euro 12.000 ciascuno.

È stata indubbiamente una decisione corretta e condivisibile e rappresenta un importante traguardo raggiunto per la soluzione di un caso che, in prima battuta, era apparso quasi “elementare”, ma che, purtroppo, a motivo della errata, o quanto meno superficiale ricostruzione dei fatti effettuata in sede penale, non ha portato, da un lato, alla meritata condanna dell’investitore e, dall’altro, ha costretto i familiari ad attendere qualche anno per vedere riconosciute le loro ragioni.


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