Risarcimento malasanità: l’iter risarcitorio

Risarcimento malasanità: l’iter risarcitorio

Ottenere un risarcimento danni per malasanità è, nella maggior parte dei casi, un percorso ad ostacoli. Quando si parla di “danno alla salute”, infatti, molteplici sono i fattori che devono essere considerati e adeguatamente valutati.

I tempi per ottenere un risarcimento per malasanità possono essere molto lunghi e, in molti casi, passano alcuni anni dal momento in cui accade il fatto a quando si giunge a conclusione.

In questo articolo cerchiamo di capire quali possono essere le diverse fasi dell’iter risarcitorio e quali sono i fattori che maggiormente concorrono per ottenere un risarcimento danni per errore medico.


Pensi di aver subìto un errore medico?


Risarcimento malasanità: colpa medica e nesso di causa

Per poter richiedere un risarcimento danni per malasanità non basta aver subìto un danno alla salute, bisogna innanzitutto dimostrare che c’è un legame diretto tra il presunto errore commesso dal sanitario, o dalla struttura in genere, e il danno subìto dal paziente, cioè quello che, giuridicamente, si definisce il nesso di causa tra il presunto errore medico e il danno.

Per dimostrare una responsabilità del medico (o del personale sanitario in genere):

  1. non basta l’adozione di una condotta colposa: la colpa medica, infatti, sia specifica che generica (vedi successivo paragrafo), è solo il primo presupposto per poter ipotizzare un possibile caso di responsabilità medica
  2. la condotta colpevole deve essere causa del danno; si può, infatti, verificare il caso in cui, pur in presenza di un errore medico, non venga causato alcun danno al paziente o, nell’ipotesi opposta, si può assistere ad un peggioramento delle condizioni di salute senza che ciò dipenda da un errore medico
  3. le eventuali conseguenze negative devono essere riconducibili all’evento dannoso e non ad altra causa.

Poniamo, ad esempio, che a Tizio venga somministrato un farmaco inadatto per la cura della sua patologia. Potrebbe accadere che il suo quadro clinico peggiori, addirittura fino alla morte e, in questo caso, la condotta colposa è certamente causa del danno da egli subìto che deve, quindi, essere risarcito.

Per contro, se la somministrazione del farmaco sbagliato non provoca alcunché, a tale oggettivo e colpevole errore medico non segue alcun danno e, pertanto, non ci sarà alcun risarcimento.

Potrebbe anche accadere che si assista al peggioramento del quadro clinico senza che però ciò dipenda, in alcun modo, da un comportamento o atto medico errato: anche in tale ipotesi, mancando il nesso tra il comportamento del professionista sanitario e l’aggravamento, non vi sarà luogo a risarcimento.

Tuttavia, valutare la presenza del nesso di causa non è così facile e ogni presunto errore medico deve essere valutato a sé.

Per questo, è opportuno avvalersi del parere di un professionista, il medico-legale, che redige la c.d. perizia medico-legale, nella quale si evidenziano tutti gli aspetti, di natura medico specialistica, medico-legale e giuridica, che comprovano la responsabilità medica.


La colpa medica:

  • è specifica quando il professionista sanitario non rispetta le indicazioni e le prescrizioni che doveva conoscere e osservare in quanto fornite dalle c.d. linee guida (che sono le raccomandazioni cliniche e terapeutiche predisposte dalle società scientifiche accreditate) o dalle buone pratiche clinico-assistenziali.
  • è generica quando l’errore medico si verifica per:
    1. negligenza (scarsa attenzione o leggerezza)
    2. imprudenza (avventatezza)
    3. imperizia (inesperienza o scarsa capacità tecnica)


Leggi anche “Responsabilità medica: come ottenere il risarcimento

Risarcimento malasanità e responsabilità penale del sanitario

Quando viene commesso un presunto errore medico da parte di un sanitario è necessario, prima di tutto, stabilire che cosa sia effettivamente successo per poter, eventualmente, essere attribuita a qualcuno una responsabilità penale per quanto accaduto.

Il reato di lesioni personali colpose

Secondo il Codice Penale, le lesioni personali sono procedibili:

  • a querela di parte, nel caso esse siano lievissime (giudicate cioè guaribili entro e non oltre 20 giorni): in questa evenienza, sarà quindi la presunta vittima dell’errore medico che, entro tre mesi dal fatto, dovrà sporgere querela davanti all’autorità giudiziaria per le lesioni asseritamente subite, al fine di far aprire un fascicolo penale nei confronti del sanitario coinvolto.
  • d’ufficio nel caso siano:
    1. lievi, giudicate cioè guaribili tra i 21 e i 40 giorni;
    2. gravi, giudicate cioè guaribili in più di 40 giorni o se causano un indebolimento permanente di un senso o di un organo;
    3. gravissime se, ad esempio, provocano la perdita di un senso, di un arto, una mutilazione, la perdita dell’uso di un organo.

In questo secondo caso, l’autorità giudiziaria potrà procedere autonomamente, al ricevimento della notizia di reato, ad aprire un fascicolo di indagine.

Le pene previste per il reato di lesioni personali colpose dipendono, ovviamente, dalla gravità di queste e possono arrivare, nei casi di lesioni gravissime, ai 2 anni di reclusione (art. 590 c.p.)

Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 e responsabilità medica penale

Se il medico provoca lesioni o il decesso del paziente per negligenza o imprudenza è sempre punibile penalmente, ma se invece egli sbaglia per imperizia, cioè per mancanza di abilità e preparazione specifica?

La Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 ha introdotto un’importante novità riguardo alla responsabilità medica penale: all’art. 6 infatti stabilisce che “Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi della legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso concreto”.

È questo, ad esempio, il caso del sanitario che individua correttamente le linee guida adeguate al caso concreto e ne rispetti le prescrizioni, ma incorra, tuttavia, in un errore esecutivo di lieve entità che provoca un danno al paziente: in questo caso, il medico non sarà punibile penalmente, ferma restando, invece, la sua responsabilità civile.

Come abbiamo sottolineato all’inizio di questo articolo, per ottenere un risarcimento per malasanità possono essere necessari anche degli anni. Spesso, l’allungamento dei tempi per ottenere il risarcimento del danno può dipendere dai tempi del processo penale, soprattutto della fase dibattimentale.

Per questo, il nostro consiglio è di affidarsi a professionisti del settore del risarcimento danni da malasanità che, con i propri legali fiduciari, tutelano la vittima ed i familiari nel procedimento penale che si apre a carico dei responsabili

  • seguendo tempestivamente la fase delle indagini preliminari;
  • incaricando i migliori esperti e consulenti per partecipare agli accertamenti tecnici disposti dal Pubblico Ministero (autopsie, perizie medico-legali)
  • procedendo, se opportuno, alla costituzione di parte civile nel processo penale che inizia, dopo la chiusura delle indagini, a seguito del rinvio a giudizio dell’imputato

Risarcimento malasanità e responsabilità medica civile del sanitario: cosa dice la Legge Gelli-Bianco n. 24/2017

All’art. 7, la Legge Gelli-Bianco n. 24/2017, in ambito di responsabilità civile, ha definitivamente chiarito la netta differenza tra la responsabilità civile della struttura sanitaria e quella del singolo esercente la professione sanitaria.

Ha infatti stabilito che

  • la responsabilità civile della struttura sanitaria è di natura contrattuale, in quanto risponde, nei confronti dei danneggiati, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del Codice Civile
  • la responsabilità civile dell’esercente la professione sanitaria è, invece, di natura extracontrattuale, poiché risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 del Codice Civile (salvo che abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta direttamente con il paziente).

Ciò significa che, per il paziente danneggiato, è più conveniente agire civilisticamente nei confronti della struttura sanitaria, pubblica o privata che sia, in quanto gravato di minori oneri probatori.

L’iter civile: la fase stragiudiziale nel risarcimento danni da malasanità

Una volta riscontrata, grazie all’apporto di medici legali e medici specialisti, la presenza di un rapporto di causalità tra il danno subìto dal paziente e l’operato del sanitario, non è sempre necessario intraprendere una causa civile per ottenere un risarcimento danni per malasanità.

In caso di responsabilità del medico, infatti, è possibile trovare un accordo con l’azienda sanitaria e/o con la sua compagnia assicurativa, senza necessariamente ricorrere ad un giudizio. Naturalmente, per raggiungere un accordo stragiudiziale adeguato, è bene affidarsi a dei professionisti del settore, con una concreta esperienza nella tutela delle vittime di malasanità, che conoscano bene il mondo assicurativo e che siano supportati da una rete di consulenti tecnici (medici legali e medici specialisti) di provata capacità e competenza. Una volta raccolte ed esaminate la documentazione medica e tutte le informazioni necessarie per comprendere la storia medica del danneggiato e dopo aver verificato la cd fattibilità del caso, sarà compito dei consulenti tecnici redigere una perizia medico-legale di parte e, in seguito, assieme al danneggiato e ai suoi familiari, verrà adottata la migliore strategia per ottenere dal responsabile e/o dalla compagnia assicurativa il massimo risarcimento danni per l’errore medico subìto.


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Risarcimento malasanità: la fase giudiziale

Se, contrariamente all’ipotesi illustrata al paragrafo precedente, non si giunga a trovare un accordo in via stragiudiziale, per ottenere il risarcimento dei danni da malasanità subiti è possibile intraprendere una causa civile.

Qualora vi siano i presupposti per procedere, va innanzitutto raccolta tutta la documentazione necessaria per dimostrare al meglio i danni subiti: sia quelli patrimoniali (perdita di reddito, spese mediche; se il paziente decede: spese funerarie, spese di successione, ecc.) sia quelli non patrimoniali (danno biologico, psichico, danno morale, esistenziale, danno riflesso; se il paziente decede: danno terminale, da rottura del vincolo familiare, ecc.).

Risarcimento malasanità e tentativo obbligatorio di conciliazione

Per quanto riguarda l’iter giudiziale da seguire per ottenere il risarcimento del danno da malasanità, la Legge Gelli-Bianco, all’ art. 8, ha introdotto una condizione di procedibilità per esercitare l’azione innanzi al giudice civile, il c.d. “Tentativo obbligatorio di conciliazione”.

L’obiettivo è quello di ridurre il contenzioso da responsabilità sanitaria.

Questo significa che il paziente danneggiato che voglia intraprendere una causa civile dovrà prima ricorrere ad una consulenza tecnica preventiva (ex art. 696 bis c.p.c) o, in alternativa, ad un tentativo di mediazione.

Nel caso in cui il tentativo obbligatorio di conciliazione non venga effettuato, l’azione civile sarà dichiarata improcedibile, cioè “sospesa”, in attesa che venga espletato; a tal proposito, il giudice assegnerà un termine alle parti per poter richiedere la consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c.

Risarcimento malasanità: consulenza tecnica preventiva o mediazione?

Pur perseguendo la stessa finalità, quella di ridurre il contenzioso giudiziario in materia di risarcimento danni per malasanità favorendo la possibilità di trovare un accordo, la Consulenza tecnica preventiva e la mediazione sono due procedimenti diversi.

Con la Consulenza Tecnica Preventiva, regolata dall’art. 696 bis c.p.c., il giudice nomina un CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) che avrà il compito di redigere una perizia finalizzata ad accertare l’esistenza e l’entità del credito derivante dal danno subìto a seguito di errore medico e, sulla base di tali risultanze, nel termine perentorio di 6 mesi tenta la conciliazione; nel caso quest’ultima venisse raggiunta, la vertenza si considererà chiusa; in caso contrario si potrà proseguire con un’ordinaria azione civile o con un procedimento sommario ex art. 702-bis c.p.c.

Alla consulenza tecnica preventiva devono essere presenti tutte le parti: il paziente, la struttura sanitaria, l’operatore sanitario coinvolto, le eventuali compagnie di assicurazione. Quest’ultime devono formulare un’offerta di risarcimento oppure specificare i motivi per i quali ritengono di non formulare un’offerta. Se la sentenza finale sarà favorevole al paziente danneggiato e nel corso della Consulenza tecnica preventiva non ci sia stata alcuna offerta da parte delle assicurazioni, il giudice trasmetterà la sentenza all’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) affinché valutati il comportamento delle compagnie assicurative e per comminare un’eventuale sanzione nei loro confronti.

Il procedimento di mediazione, invece, si svolge davanti ad un organismo di mediazione prescelto dalle parti e presente sul territorio ove ha sede il tribunale competente per un eventuale giudizio successivo. Tale procedimento deve concludersi nel termine massimo di tre mesi e, in caso di esito negativo, sarà poi possibile intraprendere l’azione ordinaria.


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