INAIL e danno differenziale, cancellata la “riforma” ultima

INAIL e danno differenziale, cancellata la “riforma” ultima

La controriforma della rivalsa dell’INAIL, il contributo dell’AVV. Marco Bona per il nostro magazine Il Risarcimento.

Il legislatore dovrebbe essere affidabile e le sue leggi dovrebbero durare come minimo il tempo della legislatura in corso.

Questo non è stato il caso dell’art. 1, comma 1126, di cui alla “Legge di Bilancio 2019”, che recava disposizioni intervenute sul fronte della questione del “danno differenziale” attraverso modifiche apportate agli artt. 10 e 11 del d.P.R. 31 giugno 1965, n. 1124, nonché al comma 2 dell’art. 142 Cod. Ass. Priv.

Però, non può che accogliersi positivamente la decisione dello stesso Governo di abrogare, a distanza di neppure sei mesi, le novità introdotte nel dicembre 2018.

Al riguardo può ricordarsi quanto segue:

  • secondo taluni fra i primi commentatori e pure secondo la Sezione Lavoro della Cassazione (forse un po’ troppo approssimativa nell’interpretazione degli effetti sostanziali della novella), la legge n. 145/2019, con tali “ritocchi”, avrebbe segnato un passaggio rivoluzionario (in peius per i danneggiati): per il calcolo del “danno differenziale” si sarebbe passati dal modello dello scorporo per poste di danno omogenee (biologico su biologico) al c.d. “modello per sommatoria” (assoggettamento alla decurtazione anche di voci di danno non indennizzate dall’INAIL);
  • tuttavia, sottoponendosi i “ritocchi” del dicembre 2018 ad una accurata disamina anche costituzionalmente orientata (come un buon giurista dovrebbe sempre fare), si potevano realizzare i seguenti punti: 1) il legislatore non aveva espresso alcuna indicazione circa una sua volontà di cambiare modello per la determinazione del “danno differenziale”, risultando del tutto assenti indicazioni su una ratio legis in tale direzione; 2) le modifiche apportate agli artt. 10 e 11 del d.p.r. 1124/1965 non erano affatto chiare; anzi, si aprivano al comma 6 dell’art. 10 con la puntualizzazione per cui, quanto ai criteri per stabilire il “minuendo” funzionale al calcolo del “danno differenziale” (civilisticamente inteso) posto a carico del datore di lavoro, il «risarcimento» da assumersi in considerazione per verificare l’operatività dell’esonero andava calcolato con riferimento ai soli «pregiudizi oggetto di indennizzo»;
  • peraltro, quali che potessero essere le sorti del dibattito in relazione al “danno differenziale” nei particolari rapporti lavoratore-datore di lavoro-INAIL, si sarebbe potuto e dovuto concludere per il totale difetto di mutamenti sostanziali in relazione al campo degli infortuni in itinere: vero è che anche l’art. 142 Cod. Ass. Priv. era stato toccato dalla legge n. 145/2018, ma solo in relazione al comma 2, ove si era precisato unicamente che l’assicuratore per la r.c.a., dinanzi alla dichiarazione del danneggiato di avere diritto a prestazioni da parte di un assicuratore sociale, potesse procedere alla liquidazione del danno solo previo accantonamento di una somma «a valere sul complessivo risarcimento dovuto» idonea a coprire il credito dell’ente per le prestazioni erogate o da erogare «a qualsiasi titolo»; però, il comma 4 non era stato modificato, rimanendo la regola, introdotta nel 2005 in adesione ad una serie di pronunce della Corte costituzionale, per cui «In ogni caso l’ente gestore dell’assicurazione sociale non può esercitare l’azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell’assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti»; il fatto che il legislatore avesse lasciato intatto il comma 4 non poteva che ritenersi dirimente nel senso della permanenza del modello dello scomputo per poste omogenee di danno; ciò non avrebbe significato abrogare il nuovo comma 2, potendosi ravvisare nella modifica di questo comma un mero invito rafforzato alle imprese assicuratrici per la r.c.a. ad operare riserve più tutelanti anche verso gli assicuratori sociali; questa interpretazione risultava senz’altro preferibile alla sostituzione del comma 4 con una regola diametralmente opposta a quella ivi recata, conforme con i principi fissati dalla Consulta; chi insisteva per un radicale cambiamento finiva per fare il giuoco delle compagnie assicuratrici.

Indubbiamente l’intervento legislativo del dicembre 2018 dava luogo a profonde incertezze ed era altamente divisivo, in ogni caso andando a frapporre nuovi ostacoli fra i lavoratori danneggiati sul lavoro o in itinere ed il risarcimento integrale dei danni subiti.

Orbene, la legge 28 giugno 2019, n. 58 (in vigore dal 30 giugno 2019), recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi», ha introdotto in seno a detto decreto legge l’art. 3-sexiesRevisione delle tariffe INAIL dall’anno 2023»), che così dispone: «All’articolo 1, comma 1126, della citata legge n. 145 del 2018, le lettere a), b), c), d), e) e f) sono abrogate; le disposizioni ivi indicate riacquistano efficacia nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della medesima legge n. 145 del 2018».

Dunque, a distanza di sei mesi dall’entrata in vigore del famigerato art. 1, comma 1126, della “Legge di Bilancio 2019”, sono state cancellate, grazie ad un emendamento introdotto alla Camera in sede di discussione della legge di conversione del d.l. n. 34/2009, le disposizioni che erano intervenute a modificare gli artt. 10 (commi 6, 7 ed 8) ed 11 (commi 1 e 3) del d.P.R. 31 giugno 1965, n. 1124, nonché il comma 2 dell’art. 142 Cod. Ass. Priv..

Non ci resta che “ringraziare” il brillante Governo per avere “scherzato” con la tutela risarcitoria dei lavoratori, facendoci lavorare giorno e notte per comprendere la portata di una novella di fatto impresentabile.

 

Avv. Marco Bona

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