Il Tribunale di Roma fornisce le nuove tabelle per la liquidazione del danno riflesso del congiunto del macroleso e per il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale. Per la rubrica “L’Esperto Risponde” nel nostro Magazine Il Risarcimento, un prezioso contributo del Dott. Alberto Michele Cisterna, Presidente della XIII Sezione Civile del Tribunale di Roma.
E’ un sistema duttile e polimorfo quello del risarcimento del danno non patrimoniale, in cui le interlocuzioni tra i principi enunciati dalla Corte regolatrice e l’applicazione del diritto vivente passano attraverso l’irrinunciabile setaccio delle Tabelle di liquidazione che i Tribunali approvano. In nessuna altra porzione dell’ordinamento è dato assistere a un così profondo radicarsi di un diritto giurisprudenziale che rende inaspettatamente appropriato e moderno uno dei più celeberrimi aforismi del realismo giuridico nordamericano: l’acuta frase del giudice Holmes secondo cui il diritto è costituito solo da «le sentenze dei tribunali e la previsione di quello che i tribunali faranno». Era inevitabile accadesse in un sistema – quello del risarcimento del danno non patrimoniale appunto – iponormativizzato, in cui, fatalmente, sono state le pronunce dei giudici a catalogare le lesioni meritevoli di tutela, a darne una definizione, a individuarne il fondamento epistemologico e assiologico e, infine, a quantificarne il ristoro.
Ai giudici di merito, e alle loro Tabelle, compete la difficile missione del sentenziare i casi presenti e di porre le direttrici di previsione per la decisione dei casi futuri, in modo da restituire al sistema dei princìpi enunciati dalle Corti supreme un’adeguata concretezza e un gradiente di tollerabile precisione. I giudici sono, quindi, chiamati a perimetrare la propria discrezionalità che il vacuum normativo tende pericolosamente a espandere e a individuare modelli di liquidazione appropriati alle classi di danno che vengono, volta per volta, dedotte alla loro attenzione.
E’ accaduto per il danno da perdita del rapporto parentale, il più difficile degli approcci poiché volto a tradurre, in freddi e gelidi parametri, l’incommensurabile ricchezza delle relazioni umane, del tessuto relazionale, spirituale, affettivo che distingue, rendendole irripetibili, le esistenze degli uomini. Se il sintagma non fosse stato frettolosamente abiurato, questo sarebbe il danno esistenziale per definizione. Le tabelle del Tribunale di Roma (ormai dal 2007 e con alcuni correttivi apportati nel 2009) prevedono per tale tipo di danno non patrimoniale – dato dalla sofferenza patita dal congiunto per la perdita di una persona cara che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita, pregiudizio che va integralmente ma unitariamente ristorato (Cassazione n. 25351/2015) – un sistema a punti basato sull’attribuzione al danno di un punteggio numerico rapportato alla sua presumibile entità e nella moltiplicazione di tale punteggio per una somma di denaro che rappresenta il valore ideale di ogni punto. Tale sistema (messo a punto principalmente dal Presidente Roberto Parziale) – pur nella consapevolezza della molteplicità dei fattori che devono essere considerati nella determinazione del danno da morte – muove dalla enucleazione di una serie di indici che avevano la caratteristica di essere presenti in tutti i casi esaminati nelle aule di giustizia. Più precisamente sono stati individuati cinque fattori di influenza del risarcimento – una volta ritenuta provata l’esistenza di una seria relazione affettiva – vale a dire:
a. il rapporto di parentela esistente tra la vittima ed il congiunto avente diritto al risarcimento, potendosi presumere che il danno sia maggiore quanto più stretto sia il rapporto;
b. l’età del congiunto: il danno è tanto maggiore quanto minore è l’età del congiunto superstite;
c. l’età della vittima: anche in questo caso è ragionevole ritenere che il danno sia inversamente proporzionale all’età della vittima, in considerazione del progressivo avvicinarsi al naturale termine del ciclo della vita;
d. la convivenza tra la vittima ed il congiunto superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più costante e assidua sia stata la frequentazione tra la vittima ed il superstite;
e. la presenza all’interno del nucleo familiare di altri conviventi o di altri familiari non conviventi entro un certo grado; infatti il danno derivante dalla perdita è sicuramente maggiore se il congiunto superstite rimane solo, privo di quell’assistenza morale e materiale che gli derivano dal convivere con un’altra persona o dalla presenza di altri familiari, anche se non conviventi, con un sistema “a punti” che assegna a ciascuno di essi il valore di € 9.806,70.
A questo schema classico e condiviso (sia pure con significative varianti) da altri Tribunali, si è deciso, a partire dal 2019, di affiancare una Tabella di liquidazione del danno riflesso del congiunto della vittima di lesioni. E’ noto e consolidato che il danno da «perdita o rilevante diminuzione della relazione parentale» determinato in conseguenza della morte o delle lesioni invalidanti cagionate ad un proprio congiunto, in quanto risarcibile se conseguenza immediata e diretta dell’illecito (artt. 1223 e 2056 c.c.), deve essere provato da chi lo allega, secondo la regola generale dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c. (cfr. Cassazione n. 4253/2012, n. 9231/2013, n. 19402/2013, n. 12146/2016, n.25486/2016), e dunque anche mediante presunzioni “de facto” ex artt. 27127 e 2729 c.c.. A questo principio che, come si vede, individua l’esistenza del danno risarcibile solo in caso di una «rilevante diminuzione della relazione parentale» e, quindi, di condizioni della vittima primaria particolarmente gravi e compromesse (macrolesioni), il Tribunale ha inteso assegnare rilievo in sede di Tabelle 2019, stabilendo che la liquidazione del pregiudizio non patrimoniale subìto per effetto del danno patito in via diretta dal congiunto comprenda tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (danno morale sub specie di dolore, vergogna, disistima di sé, paura, disperazione), quanto quello dinamico-relazionale, coincidente con la modificazione peggiorativa delle relazioni di vita esterne del soggetto (cfr. Cassazione 24 aprile 2019, n. 11212; 31 gennaio 2019, n. 2788). La Tabella in base alla quale si determina il valore del risarcimento parte da un punto corrispondente a € 6.000 e prevede che detto valore/punto comprenda, appunto, le due diverse componenti del danno “non patrimoniale”, vale a dire l’aspetto interiore del danno sofferto (danno morale sub specie di dolore, vergogna, disistima di sé, paura, disperazione, ansia e incertezza in ordine al futuro del congiunto, situazione che ha di recente ricevuto un esplicito riconoscimento normativo nella legislazione approvata per il cd “dopo di noi” contenuta nella legge 22 giugno 2016, n. 112), quanto quello dinamico-relazionale, coincidente con la modificazione peggiorativa delle relazioni di vita esterne del soggetto.
Si è ritenuto di prevedere un distinto importo per ciascuna componente del danno in esame, importo quantificato in euro 3.000 per il danno relativo all’aspetto interiore e, in un importo compreso tra i 2.000 ed i 3.000 euro, in funzione della presenza di riconoscimento del diritto all’assistenza per il congiunto, sia attraverso sussidi pubblici (la c.d. indennità di accompagnamento) sia a seguito del riconoscimento allo stesso del risarcimento per la fruizione di una assistenza per il futuro (danno patrimoniale). E’, infatti, evidente come non sia la stessa cosa dover provvedere a tutta l’assistenza con attività personale o dovervi provvedere solo in parte. Il range previsto per l’individuazione del valore complessivo del punto è diretto, quindi, a tenere conto della situazione concreta verificatasi anche sulla base del risarcimento riconosciuto alla vittima primaria.
E’ da aggiungere che il diritto alla seconda componente del punto, vale a dire quella connessa con lo sconvolgimento della vita connesso con l’assistenza, può essere riconosciuto solo ai soggetti titolari dell’obbligo di provvedere, ai sensi delle disposizioni del Codice civile, all’assistenza nei confronti del danneggiato. Di conseguenza, in presenza di genitori e altri figli, saranno i genitori nel caso che si tratti di un figlio; ovvero del coniuge, se si tratta dell’altro coniuge; ovvero dei figli, nel caso di un genitore o nel caso in cui il coniuge non sia in grado di garantire l’assistenza in ragione di eventuale invalidità; ovvero dei fratelli del danneggiato, in caso di assenza dei genitori, ma in questo caso tenendo conto anche del numero degli stessi. Quindi i parametri da prendere in considerazione per il calcolo del risarcimento sono rappresentati:
a) dalla relazione di parentela con il danneggiato;
b) dal numero dei soggetti e coefficienti connessi con ulteriori criteri correttivi costituiti dall’età del danneggiato e dall’età del congiunto;
c) dalla percentuale di danno biologico riconosciuta al danneggiato.
Il calcolo dell’importo comporta l’individuazione del punteggio da assegnare a ciascun titolare del danno riflesso, come in precedenza individuato. Detto punteggio viene poi moltiplicato per il coefficiente relativo al numero dei familiari per i quali sussista il riconoscimento del danno e, poi, per il valore del punto base determinato nel caso di specie, tenendo conto, come si è detto, per la quota relativa al danno da alterazione delle relazioni di vita, del pregiudizio in concreto determinatosi anche alla luce dei risarcimenti riconosciuti e delle provvidenze pubbliche.
Una volta determinato il valore complessivo, detto importo deve essere moltiplicato per la percentuale di pregiudizio biologico permanente riconosciuto al danneggiato (vittima primaria) per determinare l’importo definitivo del risarcimento per il danno riflesso subìto. Ovviamente nel caso di compresenza di genitori e fratelli, di cui solo i primi abbiano al momento del fatto l’obbligo giuridico della assistenza, ai fratelli potrà essere riconosciuto la componente di risarcimento relativa al cd danno morale soggettivo, mentre potrà essere riconosciuto il danno relazionale solo in presenza di una effettiva prova del fatto che si sia verificato un concreto sconvolgimento della loro vita di relazione.
TABELLA, danno riflesso per macrolesione di congiunto: parametri da utilizzare
Esempio 1
Si supponga il caso di due genitori di cinquanta anni entrambi, il cui unico figlio di venti anni abbia subìto un danno biologico permanente pari al 90% ed in relazione al quale sia riconosciuto il diritto ad una assistenza fissa nella misura corrispondente al salario di una badante per sette giorni lavorativi a settimana.
In questo caso il calcolo per entrambi sarà: 20 punti per la relazione parentale, 5 punti per la età dei genitori, 9 punti per l’età del figlio, per un totale di 34 punti.
Detto punteggio deve essere, poi, moltiplicato per il coefficiente relativo al numero dei soggetti tenuti alla assistenza, in questo caso 2, e quindi pari a 0,8 per un totale di 27,2 punti.
Il valore del punto in questo caso sarà di euro 5.000 (euro 3.000 per danno morale soggettivo e 2.000 per danno da alterazione delle relazioni di vita in considerazione del riconoscimento della assistenza aggiuntiva a carico del danneggiante) ed il prodotto dei punti per il punto base determina l’importo di euro 122.400 (27,2 x 5.000 x 90%).
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PUNTEGGIO TITOLARE DEL DANNO RIFLESSO |
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Relazione parentale |
20 |
Età congiunto |
5 |
Età macroleso |
9 |
PUNTEGGIO |
34 (B) |
COEFFICIENTE RELATIVO AL NUMERO DEI FAMILIARI TENUTI ALL’ASSISTENZA |
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Rapporto parentale |
GENITORI |
Numero familiari tenuti all’assistenza |
2 |
COEFFICIENTE |
0,8 (C) |
PUNTEGGIO DEL TITOLARE DEL DANNO RIFLESSO PER IL CASO CONCRETO |
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(B) X (C): 34 x 0,8 |
27,2 (D) |
VALORE PUNTO BASE PER IL CASO CONCRETO |
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DANNO MORALE SOGGETTIVO |
€ 3.000 |
ALTERAZIONE VITA DI RELAZIONE |
€ 2.000 |
TOTALE VALORE PUNTO BASE |
€ 5.000 (E) |
TOTALE RISARCIMENTO DANNO RIFLESSO |
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(A) x (D) x (E) 90% x 27,2 x 5.000 |
€ 122.400 |