Morì per un’infezione, otto medici finiscono a processo. I camici bianchi della casa di cura Villa Pia di Roma sono stati rinviati a giudizio dal gup Francesca Ciranna per la morte di Elena Lucà, 75 anni, avvenuta l’11 aprile del 2018.
La vittima, residente a Roma, aveva legami in Sabina in particolare a Magliano dove abitano alcuni parenti molto conosciuti per il loro impegno nello sport e nel sociale.
I familiari della vittima sono assistiti in questa fase da Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in danni derivanti da responsabilità medica con sedi in tutta Italia ed in particolare sono stati seguiti da Paolo Ciceroni responsabile della sede di Roma.
La donna giunse al pronto soccorso dell’ospedale San Camillo Forlanini con febbricola, mancanza di appetito e spossatezza in generale. Da qui, stante l’assenza di posti letto disponibili per il ricovero, veniva traferita alla Casa di Cura Villa Pia per gli accertamenti del caso.
«Il 29 gennaio, i medici scoprivano che sulla paziente era in attuo un importante fenomeno infettivo. Il primo esame colturale disponibile agli atti, per comprendere la tipologia di batterio che aveva colpito la donna, risaliva però solo al 12 febbraio e alla signora Elena continuava a venire somministrata la stessa terapia antibiotica che già era risultata inefficace nei giorni precedenti.
Il 21 febbraio la paziente veniva sottoposta ad un intervento chirurgico, a seguito del quale, però, inspiegabilmente non venivano eseguite le opportune analisi microbiologiche per comprendere quale fosse la terapia antibiotica corretta e, malgrado la situazione non migliorasse, continuavano a somministrare una terapia antibiotica non utile, senza procedere con un nuovo intervento chirurgico né ad esami più approfonditi.
Quando il 10 aprile la paziente veniva trasferita all’Ospedale San Camillo, per un’insufficienza respiratoria acuta dettata dal diffondersi dell’infezione, era ormai troppo tardi», ricostruisce il team di legali che ha seguito il caso.
Il dottor Fabio De Giorgio, medico legale, e il dottor Innocenzo Bertoldi, specialista in chirurgia d”urgenza e pronto soccorso, i due consulenti nominati dal Pm, confermano, nella loro perizia, che, una volta scoperto che sulla paziente era in atto un ascesso nella parte destra dell’inguine, la condotta del personale della Casa di Cura Villa Pia sia stata superficiale e «almeno imperita ed imprudente».
Il decesso «sarebbe stato evitabile a fronte di tempestivi trattamenti chirurgici e di terapia antibiotica/antimicotica», concludono a chiare lettere i due consulenti. Andrea, il figlio di Elena, pochi giorni dopo la morte della mamma, ha sporto denuncia nei confronti del personale medico della struttura Casa di Cura Villa Pia allegando tutta la documentazione relativa alla vicenda.
«Non è ammissibile leggere tra le conclusioni della consulenza tecnica che la scomparsa di Elena Lucà si sarebbe potuta evitare semplicemente applicando le adeguate condotte suggerite dalle linee guida molto chiare sul punto – commenta Paolo Ciceroni – I familiari vogliono ora capire cos’è successo durante la sua degenza nella clinica Villa Pia e perché il personale medico non abbia agito tempestivamente. Oggi Elena potrebbe essere ancora viva». La prossima udienza sarà nel giugno 2022.
Articolo del “Corriere di Viterbo“