Ucciso dall’orso a Trento, indagini in corso

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Risarcimento danni a seguito dell’attacco di un orso a Trento

Giesse Risarcimento Danni, insieme ai propri legali fiduciari, assiste la famiglia di Andrea Papi, il giovane che il 5 aprile 2023, mentre tornava da una passeggiata a Caldes (Trento), è stato aggredito e ucciso da un orso.

A tre mesi dalla tragedia, i familiari hanno voluto scrivere una lettera e mettere nero su bianco il loro dolore ma anche la loro frustrazione perché nessuno – tra istituzioni, politici ed enti – si è scusato o si è preso la responsabilità per quanto accaduto.

Nel frattempo, si attende la decisione del Consiglio di Stato riguardo a JJ4, al momento rinchiusa a Casteller.

Guarda il servizio del TGR: 

«Andrea è un martire di un progetto politico»

Il messaggio dei genitori e della fidanzata a tre mesi dall’aggressione dell’orsa JJ4. La famiglia cambia i suoi legali: il testimone passa a Giesse

«Sono passati tre mesi esatti dalla tragedia e, purtroppo, dobbiamo constatare che non è cambiato nulla. Anzi, si continua a parlare sempre e soltanto dell’orsa, delle sue condizioni di salute, di quello che le accadrà, qualcuno ha addirittura detto che è stressata, dimenticando che noi abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un dramma immenso e che non riusciamo a darci pace».

A parlare è la famiglia Papi in una lettera, firmata dal papà Carlo, la mamma Franca, la sorella Laura e la fidanzata Alessia, a tre mesi esatti dalla tragedia. Era il 5 aprile quando il ventiseienne Andrea Papi, venne aggredito e ucciso dall’orsa JJ4 nei boschi di Caldes.

Un evento drammatico che per mesi, fino ad oggi, ha infuocato il dibattito nazionale. Ora i familiari hanno deciso di cambiare strategia comunicativa: la vicenda, dal punto di vista legale, passa alla bellunese Giesse Risarcimento Danni (che si è occupata, tra l’altro, di noti casi di cronaca come il crollo del ponte Morandi di Genova e il naufragio della Costa Concordia). Agli avvocati Maura Cravotto e Marcello Paiar è stato quindi revocato il mandato da parte dei Papi.

«È una vergogna quello che sta accadendo. Nonostante il dolore e la rabbia, tuttavia, vogliamo fare alcune precisazioni. Intanto, non si è trattato di un incidente in montagna. Andrea non è scivolato e caduto su un sentiero in mezzo al bosco. È stata una tragedia attesa e annunciata perché, nei mesi precedenti, si erano verificate numerose altre aggressioni. Il destino, in questo caso, non c’entra nulla», si legge nel messaggio della famiglia.

«Abbiamo scritto lettere al prefetto, al Parco, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che ci ha richiamato dicendo che verrà fatto tutto il possibile), al ministro della Giustizia Carlo Nordio (29 maggio, nessuna risposta), al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (5 giugno, nessuna risposta, ci hanno detto che forse arriverà una lettera). La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ci ha chiamato e poi ci ha inviato un messaggio in privato. Nessuno si è scusato o si è preso la responsabilità di quanto accaduto. Anzi, spesso riceviamo lettere sconclusionate da parte di cittadini che non fanno altro che aumentare il nostro dolore e la nostra frustrazione».

Sull’orsa? «Siamo sempre rimasti neutrali e siamo stati attaccati su tutti i fronti. Noi amiamo gli animali e non ci siamo mai dichiarati a favore dell’uccisione dell’orsa che, tra l’altro, si trova a Casteller e, di conseguenza, risulta al momento innocua. Il problema semmai sono gli altri, quelli che girano per i boschi, ma l’orsa è solo la punta di un iceberg alla cui base ci sono persone e istituzioni che hanno permesso tutto questo». L’accusa si rivolge anche al progetto per la reintroduzione dei plantigradi.

«Qualcuno ha firmato documenti per il ritorno dell’orso nelle nostre zone, a fronte di centinaia di migliaia di euro di contributi europei, qualcuno ha trasportato gli orsi fino a qui e, sempre a qualcuno, è sfuggito di mano l’intero progetto. JJ4 stanziava da tempo tra il monte Peller e malga Grum e, nonostante non fosse più radiocollarata da agosto 2022, tutti erano a conoscenza dei suoi spostamenti, ma hanno sempre taciuto per evitare allarmismo e panico.

Dopo le varie aggressioni hanno lasciato l’orsa scorrazzare per i nostri boschi ignorandone la grave e ben nota pericolosità. Chi si concentra solo sull’orsa però dimentica che noi, a seguito di questa tragedia, abbiamo perso chi un figlio, chi un fratello, chi un fidanzato. Vogliamo giustizia e pretendiamo che il fenomeno venga arginato. Andrea è stato il martire di un progetto politico che ora risulta fuori controllo. Basta aggressioni e basta vittime: vogliamo vivere tranquilli a casa nostra. Chiediamo forse troppo?».

Riguardo i cartelli sulla presenza dell’orso «nella zona in cui Andrea è stato aggredito non ce n’erano. Mentre quelli presenti, alcuni dei quali tutti arrugginiti, non sono cautelativi ma informativi: si dice, cioè, che è una zona attraversata da orsi e che, nel caso in cui li si incontrasse, ci si dovrebbe stendere a terra e proteggersi la testa con le mani. No comment.

Infine, Andrea non era un runner. È stata la prima etichetta che gli hanno affibbiato i giornali. Si chiama, Andrea Papi, e basta. Non era un corridore professionista. Ha fatto solo una gara amatoriale di corsa, ma non era né federato né professionista, quindi non chiamatelo più “runner”».


Sulla vicenda parla il referente di Giesse Risarcimenti, Maurizio Cibien

«Ogni frase letta online sull’orso è una pugnalata al cuore»

«Nessuno mette in dubbio che bisogna rispettare la natura ma quest’ultima è sempre stata uno strumento in mano all’uomo. La convivenza pacifica, pur essendo possibile, non può essere sbilanciata solo da una parte e quindi mettere in pericolo l’uomo stesso».

A rilasciare un commento sulla vicenda è il referente di Giesse, Maurizio Cibien.

«Parliamoci chiaro: è stata la natura a provocare la scomparsa dell’orso in quelle zone e l’uomo, cioè le istituzioni, hanno deciso di riportarcelo. Nel tempo sono stati commessi errori imperdonabili: a partire dalla scelta degli esemplari di orso, abituati ad avvicinarsi ai cacciatori sloveni per il cibo e quindi cresciuti senza la paura dell’uomo».

A detta del referente c’è stata una sottovalutazione dei rischi, «il mancato controllo circa la proliferazione della specie e i radio-collari spesso non funzionanti, come quello dell’orsa che ha aggredito Andrea. Sono tutti aspetti che saranno analizzati e valutati dall’autorità giudiziaria».

Ora sarà il legale fiduciario di Giesse a seguire il caso. «Faremo in modo che emerga la verità. Dire che la famiglia è provata per quanto accaduto è un eufemismo. Ma ogni frase che leggono sul web, in cui si discute dell’orso, è un’ulteriore pugnalata al cuore. Non dimentichiamoci che in Italia, quando un cane aggredisce una persona, segue talvolta la soppressione del cane».

In questa tragedia invece «c’è un orso di circa 150 chili che di domestico, a differenza del cane, non ha proprio nulla». Ora si attende la decisione del Consiglio di Stato «che si riunirà il 13 luglio», ha concluso Cibien.

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