Coppie di fatto: il diritto al risarcimento in caso di morte o lesioni gravi

Coppie di fatto: il diritto al risarcimento in caso di morte o lesioni gravi

Negli ultimi decenni è aumentato sempre più il numero di famiglie “naturali”, non unite, cioè, da un contratto matrimoniale, ma che coabitano ed hanno un legame stabile e di reciproca assistenza materiale e morale; per definire questa situazione si usa la locuzione latina convivenza “more uxorio”, il cui significato è “secondo il costume (mōre) matrimoniale (uxōrio)”.

Che cosa succede in caso di morte o lesioni personali del convivente in seguito, ad esempio, ad un incidente stradale o ad un infortunio sul lavoro? Il convivente more uxorio ha, comunque, diritto ad un risarcimento?

Il risarcimento more uxorio per danni patrimoniali e non

Secondo l’articolo 2043 del Codice Civile “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. La perdita di un legame familiare, sia esso naturale o matrimoniale, in seguito ad un fatto illecito, rappresenta un danno ingiusto e, in quanto tale, risarcibile.

Gli ultimi orientamenti della Corte di Cassazione hanno riconosciuto, per il convivente more uxorio e per gli uniti civilmente, il diritto al risarcimento anche dei danni non patrimoniali, intesi sia come sofferenza interiore (danno morale) che, in ogni caso, patiscono per la perdita della persona cara, sia come lesione del diritto alla intangibilità degli affetti (anche se non scaturenti da una famiglia fondata sul matrimonio).  

risarcimento more uxorio

I requisiti per ottenere il risarcimento

Requisito essenziale per avere diritto al risarcimento, pur in assenza di matrimonio, è la sussistenza di una particolare situazione affettiva con la vittima, caratterizzata da tendenziale stabilità e mutua assistenza sia morale che materiale, a prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali.

La convivenza, inoltre, non deve essere necessariamente intesa come coabitazione tra il prossimo congiunto e la vittima primaria di un illecito, quanto piuttosto come «stabile legame tra due persone, connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti».

Viceversa, non viene riconosciuto alcun risarcimento a chi non risulti legato da alcun rapporto col danneggiato al momento della commissione dell’illecito, ma solo in epoca successiva abbia poi instaurato una relazione affettiva.

 

Spetta comunque sempre al Giudice di merito (ai Tribunali o alle Corti di Appello) accertare, nel caso concreto e sulla base degli elementi probatori prodotti, l’apprezzabilità della relazione ai fini risarcitori.

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