Morì in casa a Trento: assicurazioni condannate a pagare indennizzo alla moglie

Giesse Risarcimento Danni ottiene indennizzo da due diverse compagnie assicurative per infortunio mortale a Trento. 

La notizia della condanna di due assicurazioni al pagamento delle polizze nei confronti di una donna trentina, dopo che il marito morì in casa durante pratiche sadomaso, viene riportata sui quotidiani “Corriere del Trentino“, “Alto Adige” e “Adige“.

A seguito di una battaglia civilistica durata 10 anni, i professionisti di Giesse Risarcimento Danni hanno permesso ai familiari dell’uomo – la moglie e i suoi due figli – di ottenere quanto spettava loro di diritto.

Morì impiccato per il gioco erotico. Famiglia risarcita: «Non fu suicidio»

Dopo 10 anni di battaglia pagati 42.000 euro

Era il 22 febbraio 2022: per un gioco erotico finito male un 37ennne trentino aveva perso la vita.

Al dolore per il lutto improvviso e il contesto in cui era maturato alla moglie e ai figli si è aggiunto quello consumatosi negli uffici delle assicurazioni e dei tribunali, che avrebbero rifiutato di pagare il danno.

Ora, dopo 10 anni dai fatti e un lungo iter civilistico, sia il tribunale di Milano che quello di Trento hanno riconosciuto i diritti dei familiari assistiti da Giesse Risarcimento Danni, imponendo alle due assicurazioni di risarcire gli eredi per un totale di 42.000 euro.

Nella notte del 22 febbraio le forze dell’ordine intervennero in un appartamento di Trento sud, dove un giovane uomo fu trovato impiccato e privo di indumenti.

Con lui c’era una donna, non la moglie. Con i polsi legati. Dalle indagini svolte dagli inquirenti nei giorni successivi emerse che l’uomo aveva fatto tutto da solo. Il cappio al collo se lo era messo per un gioco erotico, che tuttavia si era stretto troppo portandolo alla morte per soffocamento.

Negli anni successivi la moglie cercò di riscuotere l’indennizzo delle due assicurazioni stipulate dal marito. Ma tutto invano. Le assicurazioni sostenevano infatti che quel tipo di decesso non rientrasse tra gli infortuni indennizzabili.

Così la donna si è rivolta a Giesse Risarcimento Danni. Che ha ottenuto una prima vittoria davanti al giudice del tribunale di Milano contro l’assicurazione Assimoco spa nel 2019.

«Siamo estremamente soddisfatti del risultato – commentano Michele De Bona e Maurizio Cibien di Giesse Risarcimento Danni – anche se, all’inizio, sembrava una lotta contro i mulini a vento». Forte di quel primo risultato la società ha battuto cassa anche a Itas, seconda compagnia di assicurazione con cui il 37enne aveva stipulato un’assicurazione.

«Ci siamo scontrati contro un muro – continua De Bona di Giesse – Nonostante il giudice milanese avesse messo nero su bianco i diritti dei nostri assistiti l’assicurazione trentina ha continuato a rifiutare di pagare l’indennizzo. Quindi abbiamo dovuto fare una seconda causa, questa volta davanti al tribunale di Trento e abbiamo vinto nuovamente».

«A seguito della sua morte – continuano i responsabili di Giesse – moglie e figli avrebbero dovuto ricevere due indennizzi. Il primo da 22.000 euro per il contratto di assicurazione contro gli infortuni mortali sottoscritto con Assimoco e il secondo da 20.000 euro per due polizze (multirischi e polizza infortuni correntisti capitali fissi free) stipulate con Itas spa».

Il nodo era la tipologia di infortunio: il giudice del tribunale di Trento , ma lo stesso concetto lo aveva espresso quello di Milano, ha chiarito che il decesso dell’uomo «non è stato frutto di una scelta suicidaria, ma diretta conseguenza di un grave infortunio e pertanto rientrante nella copertura assicurativa».

E ancora: «Preme evidenziare che il decesso dell’uomo costituisce ai sensi di polizza un infortunio mortale, che dà diritto al pagamento dell’indennizzo» dal momento che «non è stato causato da una scelta intenzionale della vittima, non è derivato da malattia» e nemmeno «da vecchiaia».

Soddisfatta la famiglia: «Ormai non ci speravo più – racconta la moglie – l’ho vissuta come una vera e propria beffa».

Articolo del “Corriere del Trentino

Muore nel gioco erotico. Risarciti i figli e la moglie

Era il febbraio del 2012 quando, in un appartamento di Trento sud, era stato trovato il corpo senza vita di un 37enne con un cappio al collo. Una morte che era stata la conclusione di un gioco erotico.

Ora, a distanza di dieci anni, la moglie dell’uomo e i due figli si sono visti riconoscere un risarcimento di circa 40mila euro derivante da diverse polizze contro gli infortuni che l’uomo aveva sottoscritto.

Polizze che sono state valutate da due tribunali diversi, il primo è stato quello di Milano, il secondo quello di Trento, con lo stesso risultato. Ossia che quella morte è stata la conseguenza di un infortunio. La moglie dell’uomo si è affidata ad una realtà di Trento, la Giesse Risarcimento Danni e spiega perché.

«Ormai non ci speravo più – racconta – Ricordo che, inizialmente, altri mi avevano detto di vergognarmi a chiedere che mi venisse pagato l’indennizzo quando invece, come i tribunali hanno stabilito, spettava di diritto a me e ai miei figli. Mi hanno trattata come una pezza da piedi».

È la stessa Giesse che ricostruisce l’accaduto in un comunicato. «L’uomo è nel suo appartamento a Trento e si sta intrattenendo con l’amante. Lega i polsi alla donna, rendendole impossibile qualsiasi movimento, si inginocchia su un pouf, afferra la corda che pende da uno dei morsetti attaccati al soffitto e si impicca.

Lo scopo non è quello di uccidersi, ovviamente, ma di praticare quello che viene definito “breath control” (controllo del respiro) per rendere l’orgasmo più intenso. Lo stato di ipossia, tuttavia, è improvviso e acuto e il 37enne non riesce a interrompere in tempo la pratica».

A seguito dell’evento morte, la moglie e i figli avrebbero dovuto ricevere due indennizzi. Uno da 22mila euro, per il contratto di assicurazione contro gli infortuni mortali che l’uomo aveva sottoscritto anni prima. L’altro da 20mila euro, per altre due polizze rischi stipulato con un”altra compagnia.

Due richieste di indennizzo rimaste inevase. Da qui, l’avvio delle due cause. Il punto era la definizione di infortunio. Per la famiglia quello che era successo nell’appartamento di Trento sud era un infortunio mortale. Per le assicurazioni non si trattava di “infortunio” a termini di polizza.

E alla fine i giudici hanno dato ragione alla moglie e ai figli dell’uomo. Si legge, infatti, nella sentenza che la morte del 37enne «non è stato frutto di una scelta suicidaria, ma diretta conseguenza di un grave infortunio e pertanto rientrante nella copertura assicurativa».

Infine: «Preme evidenziare – scrive il giudice – che il decesso dell’uomo costituisce ai sensi della polizza un “infortunio mortale”, il quale dà diritto al pagamento dell’indennizzo laddove si consideri che lo stesso non è stato causato da una scelta intenzionale della vittima, non è derivato da malattia e la cui causa è individuabile in un fattore esterno, ovvero ab extrinseco, e non ad esempio da vecchiaia o patologia».

Da qui la liquidazione del premio assicurativo in favore della moglie e dei due figli. Un risarcimento che è arrivato dieci anni dopo la morte dell’uomo.

Articolo de “L’Adige

Morì durante una pratica sadomaso: familiari risarciti

Alla moglie e ai figli il Tribunale ha riconosciuto un indennizzo pari a 42mila euro

Nel 2012, a 37 anni, un trentino morì durante una pratica sadomaso nel corso di una relazione extraconiugale.

A dieci anni di distanza due assicurazioni sono state condannate a riconoscere ai familiari (la moglie e i due figli) l’indennizzo, complessivamente di 42.000 euro, previsto dalle polizze stipulate a suo tempo dall’uomo.

«Le due assicurazioni non volevano pagare – commentano Michele De Bona e Maurizio Cibien, responsabili di un’agenzia di risarcimento danni a Trento – così abbiamo avviato una prima causa contro una delle due e il Tribunale di Milano ci ha dato ragione».

A quel punto, forti del primo risultato ottenuto, è stato chiesto alla seconda assicurazione di pagare l’altro indennizzo. Anche in questo caso, il Tribunale di Trento ha dato ragione ai familiari del 37enne.

Secondo quanto ricostruito nel corso del contenzioso, l’uomo morì a causa di un incidente durante una pratica sadomaso nota come «breath control», cioè controllo del respiro.

Si legge, infatti, nella sentenza, che la morte del 37enne «non è stato frutto di una scelta suicidaria, ma diretta conseguenza di un grave infortunio e pertanto rientrante nella copertura assicurativa».

Articolo dell’Alto Adige

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