Travolse e uccise una donna senza fermarsi. Non se ne era reso conto.
Nicholas De Nale era distratto dal telefonino il 15 novembre dell’anno scorso, aveva sentito il rumore dell’impatto sul cofano della sua Ford Fiesta, ma quando aveva alzato lo sguardo il corpo di Emilia Santurini era già oltre la recinzione di un’azienda di via Fenadora, ad Arten di Fonzaso.
Sarà ritrovato senza vita il giorno dopo da una dipendente.
Versato il risarcimento danni alla famiglia della vittima, a cura dell’assicurazione, l’uomo ha patteggiato tre anni e sei mesi per omicidio stradale aggravato dalla fuga dopo l’incidente e l’omissione di soccorso più quattro anni di sospensione della patente.
Negativo l’esame tossicologico effettuato dal laboratorio dell’Università di Padova, inutile il giorno dopo quello alcolemico.
Non andrà in carcere: il suo difensore di fiducia Luciano Licini chiederà l’affidamento in prova ai servizi sociali. Lo stesso avvocato aveva concordato la pena con il pubblico ministero Simone Marcon e ieri mattina il giudice per le udienze preliminari Enrica Marson l’ha applicata.
Erano le 18.45 e De Nale stava viaggiando lungo questa strada dotata di illuminazione pubblica, ma senza corsie preferenziali per i pedoni. Procedeva a una velocità quantificata da una perizia in 54 chilometri orari (limite di 90).
Non si è accorto del fatto che, nella stessa direzione, stava passeggiando una donna, perché aveva abbassato lo sguardo sul telefono (c’è uno scambio di messaggi nei minuti precedenti).
La vittima, colpita con la parte destra del muso alla gamba sinistra, è stata caricata sul cofano e sbalzata oltre una recinzione fatta da un muretto in calcestruzzo e una ringhiera in metallo alta 165 centimetri.
Il giovane non si era fermato, per capire cosa avesse colpito ed era andato a casa con l’auto incidentata. Il giorno dopo era andato al lavoro con lo stesso mezzo, nel frattempo i carabinieri erano risaliti a lui dai detriti lasciati sull’asfalto e dalle immagini di una telecamera.
Quando è uscito dal posto di lavoro, ai militari il futuro imputato era sembrato calmo, tranquillo e anche stupito della loro presenza. Non ha negato di aver fatto un incidente la sera prima e a ha indicato il luogo preciso, aggiungendo che era convinto di avere colpito un palo o un muretto.
La famiglia Santurini aveva lanciato l’allarme, non vedendo rientrare a casa la donna, i parenti più stretti si erano messi a cercarla, ma senza riuscire a trovarla.
A distanza di poco tempo dall’investimento, invece, un podista era passato per via Fenadora, anche lui però non si era accorto di nulla, perché il corpo era in una zona non illuminata.
Secondo la difesa, se De Nale si fosse fermato avrebbe potuto chiamare i soccorsi e le forze di polizia e il corpo sarebbe stato ritrovato, «ma la donna non si sarebbe salvata, come evidenziato dall’esame autoptico eseguito dal medico legale Angelo Montana».
Mentre per la parte civile «giustizia è stata fatta» commentano Marco Merotto e Gennaro Pisacane, di Giesse Risarcimento Danni «la famiglia è ancora dilaniata dal dolore perché, ovviamente, nessuno potrà restituire Emilia ai suoi cari.
Tuttavia, siamo soddisfatti di essere riusciti a far emergere la verità, contrariamente a quanto raccontato dall’imputato che durante le indagini preliminari aveva spiegato agli investigatori di essere andato a sbattere contro un palo per poi recarsi a casa senza fermarsi».
Articolo del “Corriere delle Alpi“