Errore medico Rieti risarcimento danni malasanità

Il 10 febbraio 2018 i quotidiani Il Messaggero e il Corriere di Rieti pubblicano un articolo sulla condanna dell’Asl di Rieti per la morte di Antonia Benegiamo. La donna subì un calvario di due anni in seguito all’errata diagnosi dei medici.

I familiari si sono affidati a Giesse Risarcimento Danni di Roma per ottenere il risarcimento dei danni patiti.

Risarcimento danni malasanità: donna deceduta dopo diagnosi errata, Asl condannata a risarcire i familiari

Morì nel 2010 per le complicazioni insorte dopo una diagnosi errata che la costrinse ad affrontare tre interventi chirurgici e un calvario ospedaliero durato due anni.

Per quella vicenda, risalente al maggio del 2008, il tribunale di Rieti ha condannato l’Asl reatina a risarcire i danni al marito della signora, un artigiano di Magliano Sabina, il figlio e sei fratelli della vittima, con una sentenza firmata dal giudice civile Tommaso Martucci, di recente trasferitosi al tribunale di Roma.

A indennizzo avvenuto, la notizia della condanna è stata resa nota da Giesse Risarcimento Danni di Roma, una società leader nel campo delle cause di malasanità, attiva con i suoi avvocati in quaranta sedi in Italia.

Nel suo comunicato, la Giesse ha ripercorso le tappe della dolorosa vicenda iniziata all’ospedale di Magliano Sabina con il ricovero di Antonia Benegiamo, 56 anni, affetta da un’ernia inguinale strozzata, in seguito alla quale venne sottoposta a un primo intervento in laparoscopia.

Ma nel corso dell’operazione emersero altri problemi: la paziente presentava un’occlusione intestinale associata a un’appendicite. Nuova operazione il giorno successivo, sempre in laparoscopia, le condizioni migliorarono ma solo per quindici giorni, quando i medici decisero di sottoporla a un terzo intervento, rifiutato però dalla Benegiamo che firmò le dimissioni e si recò al pronto soccorso del Policlinico Umberto I dove la nuova diagnosi accertò un’ischemia intestinale massiva.

I mesi successivi, caratterizzati da continui ricoveri e vari problemi, rappresentarono per la donna un calvario vissuto tra ricoveri ospedalieri e cure, esauritosi il 26 febbraio 2010 quando morì.

La Giesse Risarcimenti ha richiamato i risultati raggiunti dalla consulenza medico legale eseguita dai periti nominati dalla società e dalla procura dopo la denuncia dei familiari.

Per gli esperti ci fu un nesso causale tra l’errata diagnosi iniziale e il successivo decesso poiché l’operazione alla quale la signora venne sottoposta avrebbe dovuto essere a «cielo aperto», e non del tipo conservativo, proprio per consentire ai medici di avere una visione completa del campo operatorio. Una sottovalutazione che finì per determinare le successive complicazioni.

Leggi l’articolo sul sito de Il Messaggero

Morì per una diagnosi errata, Asl condannata a risarcire i familiari

La vicenda di una donna che è deceduta nel 2010. Per i periti ci fu imprudenza e imperizia del personale sanitario ospedaliero

Morì per errata diagnosi: condannata l’Asl di Rieti. Una 56 enne di Magliano Sabina subì 3 interventi in 15 giorni e morì dopo 2 anni di calvario, per i periti ci fu “imprudenza e imperizia del personale sanitario dell’ospedale di Magliano Sabina”.

Il tribunale di Rieti ha condannato l’Asl a risarcire i familiari di Antonia Benegiamo, 56 anni, deceduta nel febbraio del 2010 dopo un’agonia durata 2 anni. Lo ha stabilito il giudice Tommaso Martucci, accogliendo le istanze del marito, del figlio e dei sei fratelli della signora, affidatisi a Giesse Risarcimento Danni di Roma, gruppo specializzato in responsabilità civile e in casi di malasanità.

È il maggio 2008 e Antonia Benegiamo si reca al pronto soccorso dell’ospedale di Magliano a causa di un forte dolore addominale. I sanitari effettuano gli accertamenti e, dopo averle diagnosticato una sospetta ernia inguinale destra strozzata, la ricoverano nel reparto di chirurgia sottoponendo la a un intervento laparoscopico esplorativo.

Solo nel corso dell’intervento i medici si rendono conto che la signora ha un’occlusione intestinale associata a appendicite acuta. Il giorno successivo la signora viene dunque sottoposta a un secondo intervento, anche questo laparoscopico, per l’insorgere di complicazioni.

In seguito le sue condizioni sembrano stabilizzarsi, ma quindici giorni dopo avviene un nuovo peggioramento e viene ricoverata. I medici decidono di sottoporla a ulteriori esami, indicando la necessità di sottoporsi a un terzo intervento chirurgico.

A questo punto però la signora Benegiamo rifiuta l’operazione, chiedendo di essere dimessa dall’ospedale di Magliano Sabina. Si reca così al pronto soccorso del Policlinico Umberto I di Roma, dove le viene diagnosticata un’ischemia intestinale massiva. Viene ricoverata e sottoposta al terzo intervento chirurgico, una resezione intestinale sub-totale, ovvero l’asportazione di un lungo segmento di intestino.

Trascorrono pochi mesi ma il quadro clinico appare purtroppo compromesso: nel gennaio 2009 viene intrapreso l’iter necessario per un eventuale trapianto di fegato-intestino. I mesi successivi sono molto duri, caratterizzati da continui ricoveri e interventi per gravi problemi infettivi e nutrizionali, fino al decesso.

Come in seguito hanno accertato i periti e il consulente tecnico nominati da Giesse e dalla Procura, “non vi è dubbio sulla presenza di un nesso causale tra la condotta colposa dei medici e il decesso della donna”.

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