Cadde dalle scale e morì in rsa Cremona: processo e risarcimento

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Giesse Risarcimento Danni segue risarcimento per la caduta dalle scale di un’anziana in casa di riposo a Cremona. 

Nella prima udienza del processo, riguardante la morte di un’anziana in casa di riposo a Cremona a seguito di una caduta dalle scale, il giudice ha ammesso 12 testimoni del pubblico ministero e rinviato all’udienza del 12 aprile.

La notizia viene riportata nel quotidiano “La Provincia“.

Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nella tutela dei familiari delle vittime di casi di malasanità, assiste la famiglia della donna.

Precipito dalle scale: per la morte dell’82enne il pm chiama 12 testimoni

Il decesso è avvenuto il 2 agosto del 2020 al Busi. Sono tre i rinviati a giudizio, l’accusa è di omicidio colposo.

Ieri mattina in tribunale a Cremona si è tenuta l’udienza filtro per il processo avviato nei confronti del direttore sanitario, del medico di reparto e della coordinatrice infermieristica della casa di riposo Conte Carlo Busi di Casalmaggiore.

Sono stati rinviati a giudizio per la morte della 82enne Eugenia Baroni di Martignana di Po, che il 2 agosto del 2020 era caduta da una rampa di scale della Rsa di Casalmaggiore ed era subito deceduta per la gravità delle lesioni riportate.

Ieri mattina sono stati ammessi dodici testimoni del pubblico ministero, che verranno sentiti a partire dal prossimo 12 aprile alle ore 10.

L’accusa formulata dalla Procura della Repubblica, rappresentata dal pm Davide Rocco, è quella di omicidio colposo, in quanto l’82enne, ospitata al prime piano della struttura, si era mossa liberamente subito dopo la colazione di quel 2 agosto, riuscendo ad arrivare alla rampa di scale dalla quale era poi caduta, senza che nessuno del personale riuscisse a fermarla o la tenesse sotto controllo.

II pm ha evidenziato che l’anziana presentava un quadro clinico di degenerazione cognitiva, deambulava a fatica e comunque per mezzo di una carrozzina.

Per il pm, gli imputati avrebbero omesso di adottare le idonee e concrete misure assistenziali e terapeutiche che avrebbero evitato il decesso della pensionata.

Ad accogliere le richieste del pm è stata il gup Giulia Masci che ha disposto il rinvio a giudizio delle tre persone coinvolte a vario titolo nell’episodio.

In sede di dibattimento occorrerà stabilire se i rischi derivanti dalla condizione di fragility legata all’età avanzata e alla demenza senile «avrebbero potuto essere evitati con l’adozione di altre misure assistenziali in grado di evitare il tragico evento».

I familiari dell’anziana ospite hanno scelto di non costituirsi parte civile. La famiglia della 82enne si è affidata alla sede di Parma della Giesse Risarcimento Danni di Belluno.

La Procura, dopo i tragici fatti, aveva disposto una consulenza tecnica medico-legale e clinica, incaricando il professor Andrea Verzelletti e il professor Damiano Rizzoni, per accertare se, in base allo stato psico-fisico della paziente, sarebbe stato necessario o comunque opportuno ricorrere a particolari accorgimenti terapeutici o assistenziali.

Circostanze confermate dai consulenti i quali affermano che «la condizione di rischio in cui si trovava la Baroni era nota al direttore sanitario della struttura, al medico di reparto ed alla coordinatrice infermieristica» e che, pertanto, «erano tenuti a mettere in atto, per quanto di rispettiva competenza, quelle misure a finalità protettiva che nel caso in discussione sono completamente mancate».

Nella richiesta di rinvio a giudizio il pm aveva evidenziato che già dal mese di luglio 2020 la signora Eugenia presentava un quadro clinico che la portava a comportamenti rischiosi per la sua sicurezza.

Nelle settimane precedenti il tragico evento, infatti, aveva tentato diverse volte di superare le spondine del letto, girava in autonomia per i corridoi del reparto, tirava i cavi del televisore, oltre ai molteplici tentativi di uscire dalla porta antincendio del corridoio.

L’accusa, da verificare in sede processuale, è che i sanitari avevano omesso di «adottare idonee e concrete misure quali, tra le altre lo spostamento della degente dalla stanza più vicina alla porta antincendio, a lei assegnata, a un’altra stanza più lontana; la fornitura di diversa carrozzina che non le permettesse di uscire liberamente dalla stanza; una modulazione della terapia farmacologica».

Si ipotizzano imprudenza e negligenza, insomma. Tutte accuse da provare, comunque.

Articolo de “La Provincia

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