Travolto dal crollo di una gru

Il 29 marzo 2019 i siti BrindisiReport e LeccePrima pubblicano un articolo relativo alla condanna a due anni di reclusione per Antonio Miccoli, responsabile del cantiere dove sei anni fa perse la vita il fratello Antonio, travolto dal crollo di una gru.

I familiari della vittima sono stati assistiti da Giesse Risarcimento Danni.

Morì travolto dal crollo di una gru, condannato il fratello

Due anni di reclusione per Antonio Miccoli nel processo per la morte di Pietro, avvenuta nel 2013

Un imprenditore di Torre Santa Susanna è stato condannato dal Tribunale per la morte del fratello, avvenuta sei anni fa, in un cantiere a Porto Cesareo: due anni di reclusione sono stati inflitti ad Antonio Miccoli, 55 anni, unico imputato in qualità di titolare dell’azienda, per la tragedia in cui perse la vita Pietro Miccoli. Aveva 47 anni.

La sentenza

Il verdetto di primo grado porta la firma del giudice Sergio Mario Tosi del Tribunale di Lecce, competente per territorio, a conclusione del dibattimento scaturito dall’inchiesta per omicidio colposo, avviata dalla Procura salentina dopo l’incidente mortale sul cantiere.

In giudizio la vedova di Pietro Miccoli si è costituita parte civile e ha ottenuto il riconoscimento di una provvisionale, in accoglimento della richiesta avanzata dallo studio Giesse Risarcimento Danni, di Francavilla Fontana.

La tragedia avvenne la mattina del 22 ottobre 2013. Quel giorno Miccoli raggiunse il cantiere a Porto Cesareo, in cui lavorava insieme al fratello, titolare dell’azienda di famiglia. Stava trasferendo del materiale mediante la gru montata sul mezzo quando, all’improvviso la base della stessa cedette di netto, facendo cadere Pietro Miccoli: rimase schiacciato tra la gru e il muretto di recinzione.  Non ci fu nulla da fare. I vigili del fuoco trovarono l’uomo già senza vita, sotto il braccio meccanico.

La consulenza tecnica

La dinamica è stata accertata dal perito Lorenzo Spinelli, nominato dal pubblico ministero.  Nella stessa perizia, così come era emerso nelle relazioni dei carabinieri di Porto Cesareo e del personale dello Spesal di Lecce, ha evidenziato una serie di gravissime mancanze sul fronte della sicurezza nel cantiere. In particolare, Antonio Miccoli, in quanto titolare della ditta aveva l’obbligo di fornire ai lavoratori mezzi idonei allo svolgimento delle mansioni in totale sicurezza.

La gru

La gru, costruita e omologata nel ’92, e il mezzo su cui era montata non sarebbero state neppure sottoposte a verifiche di controllo. E’ anche emerso che la gru venne acquistata nel 1999 di seconda mano e,  insieme al mezzo su cui era montata, nel 2002 venne rimossa e rimontata sull’autocarro dell’incidente in modo sbagliato: l’errato fissaggio della gru rientra tra le cause del distaccamento.

Il mezzo stesso venne rubato e poi recuperato meno di un mese prima dell’incidente, circostanza che avrebbe per legge comportato l’obbligo di una verifica supplementare delle condizioni del mezzo.

Secondo l’impostazione dell’accusa, le verifiche periodiche avrebbero potuto rilevare l’errore di montaggio, l’usura del mezzo e l’assenza di cinture di sicurezza nella zona dei comandi sul lato della gru, dispositivo che avrebbe potuto impedire a Pietro Miccoli di perdere l’equilibrio e rimanere schiacciato”. Questo nonostante stesse trasferendo con la gru un peso superiore a quello consentito dal certificato di omologazione della macchina.

La parte civile

“Si tratta di un caso molto grave in cui come troppo spesso accade a causa del mancato rispetto delle norme di sicurezza una famiglia si trova a piangere la perdita di un proprio caro”, evidenzia Giuseppe Vacca, responsabile di Giesse Francavilla. “La speranza è che sentenze come questa contribuiscano a rendere più sicuri i luoghi di lavoro e ad abbassare l’inaccettabile numero di vittime che ogni giorno perdono la vita”.

Leggi l’articolo anche sul sito BrindisiReport

Morì travolto da una gru: condannato il fratello, titolare dell’azienda

All’origine, una serie di errori di montaggio e mancato rispetto delle norme di sicurezza. Il fatto avvenne a Porto Cesareo

Furono errori probabilmente evitabili e il mancato rispetto delle norme di sicurezza a provocare la morte di Pietro Miccoli, 47enne di Torre Santa Susanna. E ora, per quella vicenda, risalente al 22 ottobre del 2013 e avvenuta a Porto Cesareo, è stato condannato il fratello, Antonio, 55enne. La sentenza è stata emessa dal giudice Sergio Mario Tosi e prevede due anni per l’imputato (titolare dell’impresa), pagamento delle spese processuali e di una provvisionale a favore della moglie della vittima, assistita da Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato con sede a Francavilla Fontana.

La vittima, quel giorno, era arrivata con un autocarro in un cantiere sulla provinciale che collega due località cesarine, Torre Lapillo a Punta Prosciutto, per mettersi al lavoro con il fratello, titolare dell’azienda di famiglia. Purtroppo, mentre stava trasferendo del materiale con la gru montata sul camion, all’improvviso la base cedette di netto. Miccoli cadde e rimase schiacciato tra il muretto di recinzione del cantiere e la gru. Gli operatori del 118 non poterono fare nulla. L’uomo morì sul colpo. Furono i vigili del fuoco a estrarre la salma da sotto il braccio meccanico.

La dinamica precisa è stata accertata dal perito Lorenzo Spinelli, incaricato dal pubblico ministero Paola Guglielmi, e si è unita ai rilievi di Spesal e carabinieri, i quali hanno anche evidenziato diverse mancanze, attribuibili a Miccoli in qualità di titolare e riguardanti l’obbligo di fornire ai lavoratori mezzi idonei allo svolgimento dei lavori e l’osservanza delle norme di sicurezza.

Le perizie hanno rilevato come la gru e il mezzo su cui era montata non fossero in regola con le visite periodiche necessarie a garantirne il funzionamento. Questo, quanto mai necessario visto che la gru aveva già molti anni di servizio: era stata costruita e omologata nel lontano 1992.

Peraltro, acquistata nel 1999 di seconda mano insieme al mezzo su cui era montata, la gru nel 2002 era stata rimossa e rimontata sull’autocarro dell’incidente in modo errato. Proprio il fissaggio non a regola d’arte, infatti, è stato fra le concause del distaccamento. In aggiunta, il mezzo stesso era stato rubato e poi recuperato meno di un mese prima dell’incidente. Una circostanza che, per legge, avrebbe comportato l’obbligo di una verifica supplementare delle sue condizioni.

Le verifiche periodiche avrebbero potuto rilevare l’errore di montaggio, l’usura del mezzo e l’assenza di cinture di sicurezza nella zona dei comandi sul lato della gru, dispositivo che avrebbe potuto impedire a Pietro Miccoli di perdere l’equilibrio e rimanere schiacciato, nonostante stesse trasferendo un peso superiore a quello consentito dal certificato di omologazione della macchina.

“Si tratta di un caso molto grave – evidenzia Giuseppe Vacca, responsabile di Giesse Francavilla – in cui come troppo spesso accade a causa del mancato rispetto delle norme di sicurezza una famiglia si trova a piangere la perdita di un proprio caro. La speranza è che sentenze come questa contribuiscano a rendere più sicuri i luoghi di lavoro e ad abbassare l’inaccettabile numero di vittime che ogni giorno perdono la vita”.

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