Quattro condanne per l’incidente mortale sulle piste da sci a Trento

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Giesse Risarcimento Danni segue risarcimento per incidente mortale sulle piste da sci a Trento. 

Quattro condanne e un’assoluzione per il tragico incidente mortale sulle piste da sci a Trento, in cui perse la vita il poliziotto Bruno Paoli. La notizia viene riportata sul quotidiano “Corriere del Trentino”.

Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in risarcimento a seguito di incidenti mortali, è stato accanto alla sorella della vittima fin dalle prime fasi del processo.

Morì sugli sci: 4 condanne, assolto Pedrotti

La tragedia nel 2018 in Panarotta. Il poliziotto precipitò in un dirupo. Provvisionale alla sorella

«Una manovra straordinaria e imprevedibile» per le difese. In aula gli avvocati hanno ricordato le conclusioni del periti, rimarcando con forza l’assenza di responsabilità colposa degli imputati.

«Un evento imprevedibile.. in assenza di una conoscibilità concreta della situazione di pericolo», si legge nelle corpose memorie difensive. Nessuna responsabilità dunque, non è così per il Tribunale.

La giudice Marta Schiavo, al termine di un lungo braccio di ferro tra accusa e difensori durato ore, ha condannato quattro dei cinque imputati a processo per la morte di Bruno Paoli, il poliziotto di Sant’Orsola, in servizio alla Stradale, precipitato in un dirupo a fianco della pista di collegamento tra Malga Granda e la pista Rigolor della Panarotta il 20 gennaio del 2018.

Nella caduta aveva sbattuto violentemente il capo contro le rocce ed era morto due giorni dopo in ospedale a soli 48 anni, lasciando la moglie e tre figli piccoli. C’erano anche loro con il papà quel terribile giorno in Panarotta.

Sono stati condannati a due anni per omicidio colposo il presidente della Panarotta srl, Fabrizio Oss, difeso dall’avvocata Flavia Betti Tonini, e Renzo Gaiga, responsabile per la sicurezza delle piste da sci, difeso dall’avvocata Monica Baggia, mentre sono stati condannati a un anno i due funzionari del Servizio Turismo e Impianti a fune della Provincia, Silvio Dalmaso, allora dirigente del Servizio e Gianfranco Mittempergher, incaricato per la vigilanza del Servizio Turismo e Impianti, entrambi difesi dall’avvocato Nicola Stolfi.

Per tutti la pena è sospesa. La giudice ha inoltre condannato i quattro a pagare in solido una provvisionale direttamente esecutiva a Nadia Paoli, la sorella del poliziotto, assistita da Giesse Risarcimento Danni e dall’avvocato Marco Mayr.

L’unica che non era stata risarcita, l’assicurazione ha versato alla famiglia dello sfortunato poliziotto, rappresentata dall’avvocato Claudio Tasin, circa 1,2 milioni di euro.

È stato invece assolto, perché il fatto non sussiste, Alberto Pedrotti, delegato per la sicurezza della Panarotta srl. La pm Maria Colpani per lui aveva chiesto una condanna severa, a due anni, ma senza sospensione condizionale della pena.

«Lo sciatore non ha fatto una spigolata, è morto e non è un caso fortuito», ha argomentato il pubblico ministero in aula, ricordando che la pista da sci è un luogo di lavoro. «Abbiamo dati precisi e articoli di legge», ha detto la pm, ricordando la legge provinciale 7 dell’87.

Tesi smontata dall’avvocata Baggia che ricorda come le «piste da sci siano luoghi messi a disposizione degli utenti per finalità ludico-sportive» e non «c’è dubbio che occasionalmente – precisa – vi si svolga una qualche attività lavorativa, ma la presenza occasionale dei lavoratori sulle piste non è sufficiente a trasformare indefinitivamente, le stesse in luoghi da lavoro».

E ancora: «È certo che al momento dell’incidente non era in corso alcuna attività lavorativa sullo skiweg». Ancora non si conoscono le motivazioni della sentenza, ma il Tribunale ha probabilmente condiviso le conclusioni della difesa e ha deciso di assolvere Pedrotti. È l’unico ad essere stato scagionato.

Per la giudice tutti gli altri hanno una responsabilità nella morte del poliziotto. Bastavano alcune precauzioni, ad avviso della Procura, e una rete di sicurezza e Paoli sarebbe ancora vivo. Negli atti si parla di «omessa verifica dell’assenza di pericoli atipici» e di mancanza di misure di sicurezza.

Piccoli interventi e una maggiore attenzione da parte dei gestori degli impianti da sci e dei funzionari provinciali addetti alla vigilanza avrebbero potuto salvare l’agente della polizia stradale. «Le reti installate erano idonee» hanno replicato i difensori.

Secondo l’accusa, invece, in particolare Oss, nonostante fosse a conoscenza della pericolosità del tracciato (c’erano due segnalazioni della forestale) non avrebbe adottato alcun «mezzo prevenzionistico di incidenti», come reti di sicurezza «a protezione della scarpata».

Secondo la ricostruzione della Procura anche Gaiga era informato della pericolosità della pista, ma non avrebbe fatto nulla per metterla in sicurezza. In questo modo ha «permesso il permanere della condizione di pericolosità – scrive la pm negli atti – su una pista classificata facile e frequentata quotidianamente da principianti».

Ora si aspetta di conoscere le motivazioni della decisione del Tribunale, ma appare scontato l’appello. Sono soddisfatti i familiari di Paoli, nonostante il profondo dolore: «Siamo contenti di aver dato un contributo alla sicurezza sulle piste da sci» hanno detto, attraverso l’avvocato Tasin.

Articolo del Corriere del Trentino

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