Incidente auto Palermo morte mamma e figlia

 

Il quotidiano Giornale di Sicilia ha pubblicato vari articoli relativi alla vicenda di Emanuele Pelli, condanna a otto anni di reclusione per aver investito e ucciso mamma e figlia a Palermo l’11 maggio 2018. Guidava ad alta velocità, con patente scaduta e senza assicurazione.

I familiari delle due donne si sono affidati a Giesse Risarcimento Danni perché fosse fatta giustizia.

Travolse e uccise madre e figlia a Palermo, pirata della strada condannato a 8 anni

La Corte d’appello di Palermo ha confermato la condanna a otto anni nei confronti del panettiere Emanuele Pelli, di 35 anni, riconosciuto colpevole dell’omicidio stradale di due donne, Anna Maria La Mantia e Angela Merenda, madre e figlia investite e uccise la sera del 18 maggio 2018 in via Fichidindia, alla periferia sud del capoluogo siciliano.

La Mantia e Merenda uscivano da una chiesa evangelica e furono travolte dalla Punto celeste condotta da Pelli, che, in una strada stretta e buia come la via Fichidindia, andava a 108 chilometri orari.

Dopo l’incidente l’uomo non si fermò per prestare soccorso, ma tentò di far perdere le proprie tracce. L’auto, in condizioni meccaniche precarie, non era assicurata e Pelli aveva la patente scaduta da tre anni.

I familiari delle vittime si sono costituiti parte civile con l’assistenza di Giesse Risarcimento danni. L’imputato, condannato in primo grado in abbreviato (senza lo sconto per questo rito avrebbe avuto 12 anni) il 5 marzo scorso, fu rintracciato il giorno dopo l’investimento e venne arrestato: anche dopo la sentenza di appello rimane in carcere.

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Travolse e uccise madre e figlia. Condannato pirata della strada

Nel tratto dove hanno perso la vita le donne il limite è di 50 km/h, ma l’auto correva a 108. L’uomo ha avuto 8 anni in abbreviato

Otto anni avevano chiesto per lui i Pm e otto anni ha avuto: Emanuele Pelli, panettiere di 35 anni, è colpevole di duplice omicidio stradale e senza lo sconto di pena previsto per il reato avrebbe avuto 12 anni. Ma nel passato, quando le norme erano molto meno severe, avrebbe rischiato di cavarsela con una condanna di livello inferiore.

Così come era avvenuto per un altro panettiere, Pietro Sclafani, che un anno prima di Pelli, il 17 maggio 2015, aveva investito e ucciso in via Libertà la ventottenne Tania Valguarnera, scultrice per passione e impiegata in un call center: lui – che era pure fuggito, come Pelli, senza prestare soccorso alla vittima – se l’era cavata con una condanna a 4 anni.

La sentenza di ieri del Gup Roberto Riggio tiene conto di una serie di circostanze aggravanti evidenziate dai Pm Vincenzo Amico e Felice De Benedittis e dal legale di parte civile, l’avvocato Rita Parla. A partire dalla velocità dell’auto con cui l’imputato travolse e uccise Angela Merenda e la madre Anna Maria La Mantia, di 43 e 63 anni: era di 108 km orari, più del doppio del consentito, il canonico 50 previsto per i centri urbani.

Era ancora più pericolosa, quella velocità assassina, in una strada stretta come via Fichidindia, a Brancaccio. Era di sera, c’era buio, anche se era primavera inoltrata, l’11 Maggio scorso: l’imputato aveva la patente scaduta, l’auto non era assicurata, aveva le gomme consumate e una era il ruotino di scorta.

Eppure correva, Pelli. E dopo avere travolto e ucciso le due povere donne, che uscivano quella chiesa evangelica Dio con noi, da loro frequentata il venerdì sera, assieme ad altri fedeli, scappò, facendo perdere le proprie tracce. I vigili urbani trovarono la Punto celeste di Pelli posteggiata in via Hazon e i carabinieri lo rintracciarono parecchie ore dopo l’incidente.

Non appena venne arrestato, iniziò a manifestare un pentimento decisamente tardivo. Anche per questo i familiari delle vittime, che pure saranno risarciti, non sono soddisfatti dell’entità della pena, anche il Gup Riggio ha inflitto sostanzialmente il massimo possibile: l’omicidio stradale, entrato in vigore il 25 marzo 2016, è infatti oggi più pesante dell’omicidio colposo, reato che venne applicato – ad esempio – a Sclafani, condannato a una pena esattamente dimezzata rispetto a Pelli per la morte della povera Valguarnera.

Nella motivazione della sentenza di condanna il giudice Daniela Vascellaro aveva tra l’altro ipotizzato che il panettiere, in via Libertà, si fosse distratto col cellulare, mentre era alla guida del suo furgoncino Fiat Doblò. Oggi per quel fatto la pena sarebbe stata certamente più alta. L’ottica dei familiari di chi ha subìto una perdita come quella di due donne, entrambe madri di figli (piccoli quelli della Merenda), è comunque diversa dalla logica e dalla lettera della legge, per severa che sia: la nostra vita è distrutta – sintetizzano i parenti, fra otto anni l’imputato avrà pagato il suo debito e questa non è giustizia.

Di avviso parzialmente diverso Diego Ferraro e Ivan Greco, responsabili delle sedi siciliane di Giesse Risarcimento Danni, a cui si sono affidati gli stessi familiari: “Giustizia è stata fatta – commentano -. Nessuno potrà riportare i propri cani Annamaria e Angela ma quantomeno, grazie alle nuove pene introdotte con il reato di omicidio stradale, chi ha causato questa tragedia pagherà davvero con il carcere.

La richiesta di pena era stata formulata dai Pm Vincenzo Amico e Sergio De Benedittis. Pelli, sposato e padre di due figli, la sera dell’omicidio aveva bevuto birra. Aveva la patente scaduta da tre anni e non l’aveva rinnovata. Le due donne, cristiane evangeliche, camminavano in una strada che era al buio, e questo non era colpa dell’automobilista. Ma proprio quella situazione ambientale avrebbe dovuto indurlo ad essere ancora più prudente.

Lui invece non lo fu nemmeno un po’: la perizia fatta eseguire da Procura e parti civili aveva dimostrato che la velocità eccessiva era stata la principale causa del duplice delitto. I testimoni avevano negato che l’auto avesse rallentato, tesi sostenuta dall’imputato, che aveva addirittura detto di essersi fermato per rendersi conto dell’accaduto e subito dopo di essere scappato per paura e perché aveva perso la testa. Tesi per nulla credibili, secondo il giudice. Angela Merenda era morta sul colpo, la figlia Anna Maria La Mantia poco prima di arrivare in ospedale.

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L'auto che ti ha investito è fuggita?

Investì madre e figlia, chiesti 8 anni per il pirata

Fuggì dopo l’incidente, guidava senza patente né assicurazione

È ancora in carcere e ora pende su di lui una richiesta di condanna a 8 anni: sarebbero stati 12, senza lo sconto previsto per il rito abbreviato, gli anni che i pm Vincenzo Amico e Sergio De Benedittis avrebbero proposto per Emanuele Pelli, il panettiere di 35 anni, sposato e padre di due figli, accusato di un duplice omicidio stradale.

L’11 maggio scorso l’uomo travolse e uccise Angela Merenda e la madre Anna Maria La Mantia, di 43 e 63 anni, in via Fichidindia. Aveva bevuto birra, era senza patente, perché gli era scaduta da tre anni e non era stata rinnovata; guidava, soprattutto, un’auto priva di assicurazione, una Punto celeste che viaggiava a 108 all’ora in una strada stretta e buia. E infine, dopo l’incidente, l’automobilista fuggi.

Insomma, ci sono tutte le aggravanti possibili contro l’imputato, nel contesto di un quadro normativo che ha reso le pene molto più severe, nel giudizio che si tiene davanti al Gup Roberto Riggio.

A ciò si aggiunge la richiesta di risarcimento avanzata in sede civile e anche penale dai familiari delle due vittime, che si sono affidati per questo a un gruppo specializzato, Giesse risarcimento danni. La parte civile è affidata a un legale della società, l’avvocato Rita Parla.

Pelli aveva reso un’ampia confessione, ma non aveva convinto col suo pentimento ex post. Aveva detto di non avere visto le due donne che uscivano dalla chiesa evangelica “Dio con noi”, perché la strada era al buio, ma la perizia aveva accertato che la velocità era eccessiva.

Aveva sostenuto di non aver potuto evitare l’impatto e poi di essersi fermato e subito dopo di essere scappato per paura, ma i testimoni – gli altri fedeli della chiesa – non avevano visto alcun rallentamento; anzi gli avevano visto spegnere le luci per fuggire indisturbato e non essere identificato attraverso la targa.

La sua ricostruzione era cioè molto lacunosa e poco riscontrata e la richiesta di perdono, manifestata davanti al Gip Ermelinda Marfia, era apparsa inconsistente. Annamaria La Mantia e Angela Merenda erano state prese in pieno in via Fichidindia, a Brancaccio: la mamma era morta sul colpo, la figlia poco prima di arrivare in ospedale.

Pelli era stato individuato dai carabinieri dopo che la sua Fiat Punto era stata ritrovata dalla polizia municipale, posteggiata in via Hazon e sprovvista di assicurazione.

La versione sulla velocità era stata facilmente smontata dall’esperto nominato dalla Procura: non erano certo i 50 orari di cui aveva parlato l’imputato, erano più del doppio, in una strada in cui anche rispettare il limite previsto (appunto, 50 all’ora) sarebbe potuto risultare pericoloso, dato che due auto affiancate in via Fichi d’India passano a mala pena.

Le due donne abitavano in via San Ciro, a poche decine di metri dal luogo dell’investimento. Anche la versione del panettiere sulla sua volontà di costituirsi non aveva affatto convinto, dato che i militari del Nucleo radiomobile erano arrivati a lui non immediatamente e una persona sinceramente pentita, come diceva di essere Pelli, difficilmente avrebbe atteso tanto.

Ancora, il perito aveva evidenziato “le pessime condizioni delle gomme, con l’evidente presenza di crepe sui fianchi, segnali di cottura dal sole e, addirittura, al mozzo anteriore destro, la presenza di un ruotino di scorta risalente all’epoca di acquisto della vettura, in condizioni ancor peggiori rispetto al restante treno di gomme”.

“Comportamento assurdo e irresponsabile”, dicono Diego Ferraro e Ivan Greco, responsabili delle sedi siciliane della Giesse.

Leggi l’articolo sui siti www.lasicilia.it e www.palermotoday.it

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