Emarket “Marco” Dragoti è morto il 31 marzo 2014, a 21 anni, cinque giorni dopo l’incidente avuto in sella alla sua moto in via Pirami a Jesolo.
Per la Procura la colpa di quella morte è di Giuseppe Borin, amministratore unico di Jesolo Patrimonio (società concessionaria del servizio di gestione e manutenzione del demanio del Comune) e Renato Segatto, direttore dell’area tecnica lavori pubblici e urbanistica dello stesso ente.
Per loro, accusati di omicidio colposo e omicidio stradale, ieri mattina ha chiesto due anni di carcere a testa. La sentenza è in agenda il primo dicembre.
Stando alla tesi dell’accusa, Borin e Segatto non avevano portato avanti «le necessarie opere di manutenzione ordinaria» di via Pirami «laddove – si legge nel capo d’imputazione – si erano prodotti una serie di cedimenti del tratto stradale, tali da determinare vere e proprie buche».
E, continua l’atto di accusa, «proprio a causa del dissesto del manto stradale in difetto di segnaletica che adeguatamente evidenziasse la necessità di particolare cautela nel tratto», la sera del 26 marzo di otto anni fa avveniva l’incidente tra la moto di Dragoti e una Golf, il cui guidatore era prima stato indagato e poi archiviato.
Una ricostruzione che le difese, affidate ai penalisti Rodolfo Marigonda e Fabio Moretti, hanno ribattuto su ogni punto, spiegando come gli stessi vigili urbani, compreso l’agente intervenuto dopo l’incidente e un altro vigile residente in zona e andato in pensione da poco, hanno escluso durante le loro testimonianze che la strada presentasse buche, perché si era intervenuti più volte con rappezzi a colmarle.
Hanno anche detto che la strada non risultava pericolosa e che mai avevano ricevuto segnalazioni al riguardo.
Tensione, poi, quando una delle difese ha spiegato come lo stesso consulente di parte della Procura – chiamato in causa dopo l’archiviazione dell’automobilista della Golf – non aveva potuto studiare la moto e non poteva escludere un guasto o un malore del ragazzo all’origine del sinistro, il padre di Dragoti si è innervosito e ha urlato in aula «ce l’ho ancora a casa io la moto» per poi calmarsi subito.
Quella sera del 26 marzo 2014 Emarket Dragoti stava rientrando a casa, percorrendo via Pirami, in sella al suo scooter. All’improvviso il mezzo è sbadato verso la corsia opposta, dove in quel momento arrivava una Golf con a bordo una famiglia jesolana.
Tremendo l’impatto, poi il coma e la morte dl giovane. All’inizio le indagini avevano toccato solo il conducente della Golf, concludendosi con una richiesta di archiviazione.
Nell’opposizione presentata dal legale fiduciario della Giesse Risarcimento Danni (cui la famiglia di Marco si rivolse), l’avvocato Chiara Bidon, erano state evidenziate le condizioni della strada.
Anche questo secondo filone d’inchiesta si era chiuso con una richiesta di archiviazione. Di fronte a una nuova opposizione, accompagnata da altra documentazione (dove si ravvisava anche la mancanza di segnaletica stradale che avvertisse del pericolo), il gip aveva disposto un supplemento di indagini, giungendo a ravvisare il nesso di causa tra le condizioni della strada e l’incidente.
Articolo de “Il Gazzettino“