Il concetto di “capacità lavorativa generica”

Il concetto di “capacità lavorativa generica”

Ha ancora senso, oggi, parlare di capacità lavorativa generica od è un concetto destinato ad essere messo definitivamente in soffitta?


Il contributo del dott. Marco Rossetti, Magistrato, Consigliere della III Sez. Civile della Corte di Cassazione


1. Quando in casa si esaurisce un flacone di shampoo o una bottiglia di vino, o qualunque altra cosa che abbia un contenitore, quest’ultimo di norma si getta via. A che serve, infatti, tenersi tra i piedi un oggetto inutile?

Nel mondo del diritto non sempre funziona così. Non è raro che nozioni, norme, concetti o princìpi divenuti col tempo perfettamente inutili (perché è mutato il quadro normativo), continuino ad essere invocati – o, piuttosto, evocati – senza alcun costrutto e senza alcuna utilità: proprio come scatoloni vuoti.

Non starò qui ad indagare le cause del fenomeno, ramificate e complesse: mi limiterò a ricordare che la vera tragedia del mondo del diritto è che gli uomini dimenticano. Dimenticano perché si introdussero certe regole; dimenticano i problemi che quelle regole intendevano risolvere; dimenticano persino se vi furono problemi da risolvere. Il diritto contemporaneo vive solo del presente: e chi vive solo del presente non ha un futuro, ammoniva George Orwell.

2. Un perfetto esempio di “fossile vivente” nel campo del diritto della responsabilità civile è l’espressione “incapacità lavorativa generica”. Aveva un senso e uno scopo quando sorse (alla fine dell’Ottocento); non ha più alcun senso, né scopo, né significato, oggidì. Pure, fior di professoroni e togati d’ogni sorta continuano a discettarne in giudizio: a chiedersi se si sia o non sia “ricompresa” (sic) nella nozione di danno biologico; come si debba liquidare il relativo pregiudizio.

Per spiegare queste affermazioni è dunque opportuno riavvolgere il nastro, e ricordare brevemente quando e perché la prassi giudiziaria tirò fuori la nozione di “incapacità lavorativa generica”, che cosa si intendesse con queste arcane parole.

3. La vittima di un infortunio causato da un fatto illecito ha diritto ad essere risarcita sempre e comunque del danno alla salute (il “danno biologico”). Può accadere che i postumi dell’infortunio gli impediscano in tutto od in parte di continuare a svolgere il proprio lavoro, o addirittura qualsiasi lavoro: in questo caso la vittima avrà patito anche un danno patrimoniale da lucro cessante.

Non sempre è andata così.

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