Atp malasanità: 7 volte su 10 non è colpa del medico

Atp malasanità: 7 volte su 10 non è colpa del medico

Due volte su tre l’accertamento tecnico preventivo (atp) su un caso di malasanità dà ragione al paziente. Ma 7 volte su 10 la colpa non è del medico.

Sono i dati più significativi emersi dalla ricerca effettuata dall’Eurispes, in collaborazione con il tribunale di Roma ed Enpam (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri), intitolata “La legge Gelli-Bianco e l’accertamento tecnico preventivo. Un primo bilancio sull’accertamento della responsabilità sanitaria nel Tribunale di Roma”.

La ricerca ha raccolto, in modo sistematico, gli esiti di oltre un migliaio di accertamenti tecnici svolti presso il tribunale capitolino, ottenendo dati oggettivi che, come sottolineato durante l’incontro del 28 marzo scorso a Roma, hanno permesso di smentire alcuni facili e frettolosi pareri secondo cui molti studi di avvocati e di patrocinatori stragiudiziali avrebbero un atteggiamento “predatorio” nei confronti della settore sanità. Le cose non stanno affatto così, come la ricerca in questione ha dimostrato.

Atp: cos’è e come si conclude nella maggior parte dei casi

Prima di approfondire i punti salienti di questa indagine, occorre fare una precisazione: i professionisti sanitari, dai medici agli infermieri, svolgono un compito certamente difficile e molto delicato, lavorando spesso in condizioni logistiche ed organizzative carenti se non desolanti.

Tuttavia, è bene ricordare che l’accertamento tecnico su un presunto errore di malasanità è demandato alla verifica di altri medici perché, in sostanza, solo un professionista sanitario ha le competenze e le conoscenze per appurare se un proprio collega ha svolto diligentemente e correttamente un determinato trattamento sanitario.

La consulenza tecnica preventiva, disciplinata dall’articolo 696 bis c.p.c., è una particolare procedura d’urgenza che permette di “guadagnare tempo” e non aspettare le lungaggini dei processi ordinari. Può essere utilizzata, oltre che per valutare le cause di un determinato fatto e i danni che ne siano derivati, anche per l’accertamento e la determinazione “dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”. Il giudice nomina un esperto, detto anche ctu (i.e. consulente tecnico d’ufficio), che in modo imparziale studia il caso e redige una perizia.

Sei vittima di un caso di malasanità?

Contattaci

 

Nella ricerca presentata sono state analizzate 1.380 consulenze tecniche preventive della XIII sezione del Tribunale di Roma, svolte dal primo aprile 2017 al 31 dicembre 2021, ed è emerso che il 65,3% delle stesse si è concluso positivamente per il paziente.

Questo significa che due terzi delle relazioni peritali (eseguite da ctu, cioè da medici legali e/o medici specialisti che non rappresentano gli interessi di nessuna delle parti coinvolte) hanno accertato la responsabilità della struttura o del medico. Il dato, però, va ulteriormente chiarito e contestualizzato.

«Un’altra ricerca di Eurispes ci dice che la classe medica italiana è tra le più valenti in Europa – ha illustrato l’avvocato Pinò – Tuttavia, ci sono delle criticità e occorre indagare le cause che le generano per provare a superare gli episodi di malasanità».

Atp: responsabilità medica in sede civile

C’è un motivo se nel 70% dei casi il paziente rivolge le proprie richieste risarcitorie alla struttura sanitaria. «Accade – ha aggiunto l’avvocato Pinò – perché molto spesso il caso di malasanità è legato non tanto all’operato del singolo professionista quanto ai deficit organizzativi e strutturali delle aziende sanitarie».

I medici, infatti, non risultano coinvolti personalmente nel 70,3% dei casi, mentre lo sono, ovviamente, nel restante 29,7%. Se consideriamo il fatto che l’indagine ha riguardato anche i liberi professionisti, possiamo affermare che i medici coinvolti in giudizio, anche dipendenti di aziende sanitarie pubbliche o private, sono una percentuale davvero esigua.

Per il paziente che ritiene di aver subìto un errore medico, infatti, è più “conveniente” citare la struttura sanitaria, piuttosto che il singolo professionista sanitario, sia per i più lunghi termini di prescrizione (10 anni nel primo caso, 5 nel secondo), sia per i diversi oneri probatori, più alleggeriti se si agisce contro l’azienda sanitaria.


Leggi anche “Caduta in ospedale: risarcimento danni


«La legge Gelli-Bianco ha ottenuto il suo obiettivo, cioè solo un terzo dei medici si vede personalmente coinvolto in casi di malasanità, ma attenzione – ha evidenziato il giurista Angelo Caliendo – Il 65,3% degli accertamenti tecnici preventivi si chiudono positivamente per il ricorrente.

Quindi la legge ha avuto effetti positivi nell’evitare il coinvolgimento diretto del personale sanitario, ma non vi è stata una riduzione della medicina difensiva che, invece, è possibile tramite un dialogo sincero tra medico e paziente e un sistema di indagine, allerta e monitoraggio di eventi avversi, con l’adozione di modelli comportamentali finalizzati alla prevenzione del rischio clinico».

La ricerca effettuata dall’Eurispes ha individuato anche i reparti ospedalieri più coinvolti nei contenziosi: si tratta di Ortopedia (16,3%), Chirurgia (13,2%) e Infettivologia (11,7%). Nel 40,4% dei casi, inoltre, gli accertamenti tecnici preventivi riguardano strutture pubbliche, nel 36,1% strutture private, e nel restante medici o assicurazioni.

Atp: responsabilità medica in sede penale

L’indagine svolta dall’Eurispes, in collaborazione con il tribunale di Roma ed Enpam, ha preso in considerazione solo il settore civile e non quello penale dove la situazione è ben diversa.

«In sede penale c’è una rarefazione sostanziale dei procedimenti in materia di responsabilità sanitaria – ha affermato Alberto Michele Cisterna, presidente della XIII sezione del Tribunale di Roma – Nel 2021, su 213 denunce presentate alla procura di Roma, ci sono state solo 10 richieste di rinvio a giudizio, mentre l’anno precedente 22 su 206 denunce.

Negli ultimi anni, in totale, abbiamo avuto una trentina di condanne in primo grado e non sappiamo che esito abbiano avuto in Appello e Cassazione. Quindi il settore penale è sostanzialmente chiuso e i medici non hanno nulla da temere, salvo casi eclatanti».

Le denunce penali non mancano, ma spesso non portano a nulla: «Se andiamo a vedere i casi della IV sezione penale della Cassazione, non troviamo più di una quarantina di sentenze all’anno, ma onnicomprensive, cioè su tutto il territorio nazionale».

Hai subito un errore medico?

Contattaci

Desideri salvare questo articolo in pdf ?
Giesse ti garantisce:
compenso

COMPENSO SOLO A RISARCIMENTO OTTENUTO

consulenza gratuita

CONSULENZA GRATUITA CON 27 ANNI DI ESPERIENZA

anticipo zero

NESSUN ANTICIPO
DI SPESA

sedi

OLTRE 30 SEDI IN TUTTA ITALIA

esperti

ESPERTI E TECNICI IN OGNI DISCIPLINA

Segnalaci il tuo caso

Oppure chiamaci al n.verde 800.125530

Segnalaci il tuo caso

  • Per poter elaborare la richiesta è necessario spuntare entrambe le caselle Privacy e Dati sensibili
  • Hidden
  • Hidden
  • Hidden
Segnalaci il tuo caso